Immediatamente dopo il rilascio degli abstract di ASCO15, il mercato si è schierato in modo massiccio a favore di Oncothyreon (ONTY) e contro Puma Biotechnology (PBYI) in quella che è una lotta che esiste soltanto sulla carta: uno scontro titanico fra HER2 inibitori. Il primo giorno di contrattazioni post embargo ha visto Oncothyreon guadagnare il 17% in apertura, mentre Puma rossa per la stessa percentuale.
In comune le due società hanno il fatto di star sviluppando HER2 inibitori, ma a parte questo la reazione ha poco di comprensibile. Finora Oncothyeron non ha portato nulla di nuovo al meeting, quindi l’entusiasmo nella quotazione può solo essere visto in ottica di contrapposizione a Puma, che nei dati dello studio ExtreNet presentati delude le aspettative.

Neratinib, l’HER2 inibitore di Puma, quando somministrato in terapia di mantenimento “estesa”, ossia dopo 12 mesi di trattamento con Herceptin produce in miglioramento poco marcato, al limite del clinicamente significativo. A due anni dall’inizio dello studio le pazienti libere da malattia invasiva sono il 93,9% quando trattate con Neratinib e il 91,6% quando trattate con placebo. Sebbene l’hazard ratio sia decisamente a favore del farmaco di Puma, dal punto di vista clinico, considerando sia l’efficacia che la tollerabilità, il bilancio risulta poco convincente. Puma crede che i dati più precisi che verranno presentati durante il meeting restituiranno un quadro più rassicurante, uniti ad una profilassi con Imodium per mitigare quello che è il maggior problema di Neratinib, l’incidenza e la severità degli episodi diarroici. La mia personale idea è che Neratinib in questo ambito non troverà largo impiego, sia a causa dei problemi di safety che per la modesta efficacia, soprattutto in considerazione del fatto che in un futuro non molto lontano il paradigma dell’impiego di herceptin come terapia di mantenimento potrebbe essere soppiantato dall’uso dell’anticorpo in combinazione con Perjeta (lo studio APHINITY, per capirci). Mi pare piuttosto evidente che aumentando l’efficacia della terapia di mantenimento si alzerebbe la sbarra anche per neratinib. Non è da escludere che dati migliori presentati al meeting rimettano la quotazione in carreggiata, ma dubito che in questo ambito si possa trovare un qualche valore per il farmaco e per la compagnia, che rimane sopravvalutata secondo me.

Tutto questo però a poco a che vedere con Oncothyreon che difficilmente proverà ad impiegare ONT-380 in questa indicazione. Il valore del farmaco al momento risiede nella possibilità di impiego il terza linea e su pazienti con problemi al sistema nervoso centrale (CNS). Considerando l’incidenza di soggetti con sovra-espressione di HER2, limitatamente ai due ambiti, si ottiene un bacino di circa 30 000 pazienti, secondo la compagnia. La mia stima è più prudente ed include circa 8000 pazienti con mBC al quarto stadio (fra USA ed EU) e circa 12 mila con metastasi al cervello, per un totale di 20 mila pazienti. Anche nel caso della mia prudente valutazione, il mercato è enorme e varrebbe circa 1.3 miliardi di dollari. Ad ASCO Oncothyreon porterà dati aggiornati degli studi in corso e, qualora questi fossero in linea con le attese, potrebbero confermare la possibilità che il farmaco si ritagli una fetta di notevole spessore in quel ricco segmento di mercato. Attualmente 3$ sono una quotazione consona, includendo la cassa ed il resto della pipeline ed ipotizzando che ONT-380 prenda poco piede in terza linea e faccia meglio in soggetti con metastasi al cervello. Qualora i dati sulla tripla combinazione fossero estremamente convincenti si potrebbe rivedere in positivo la stima del valore di ONT-380, mentre per quanto riguarda l’altra fascia di mercato, sarebbe interessante capire se l’effetto sulle metastasi al cervello potrebbe estendersi ad un vantaggio anche in termini di prevenzione, anche se in questo caso il farmaco avrebbe bisogno di essere testato in linee terapeutiche precedenti.

Per chi ancora credesse nel titolo, vi dico la mia. In questo momento Oncothyreon vola sulla spinta di un hype che si è meritata grazie ai primi dati, ma che va confermato. In questa ottica è possibile che il titolo sfondi quota 3,5$, ma nel lungo periodo va tenuto a mente che il rischio c’è: per quel che riguarda i generici HER2 inibitori, la concorrenza è feroce, per quel che riguarda il trattamento delle metastasi al cervello, la storia ricorda diversi studi con pochi pazienti che hanno inizialmente catturato attenzione ed entusiasmo per poi concludersi con un fuoco di paglia. Grosso rischio, chiaramente l’altro lato della medaglia è che se ONT-380 dovesse farcela il guadagno sarebbe elevatissimo.

cdk4 6_dual_inhibitor dal sito di eli lilly

Fonte: Eli Lilly

Se il mercato per il tumore al seno HER2+ è interessante, a maggior ragione lo è quello del tumore positivo per il recettore degli estrogeni (ER+).  Pochi mesi fa FDA ha approvato Ibrance (AKA palbociclib), CDK4/6 inibitore di Pfizer. Ho parlato in diverse occasioni di quanto questa classe di farmaci possa essere di notevole interesse nel futuro, ed questo uno dei motivi per cui tempo fa acquistai Astex ed uno dei motivi per cui ora in portafoglio c’è Onconova. Non sono gli unici player in questo campo: per gli amanti delle microcap travagliate, c’è Cyclacel (CYCC), per gli amanti delle Big c’è Eli Lilly. Proprio quest’ultima sta dimostrando di poter avere in mano il degno rivale di Ibrance, ossia Abemaciclib (LY2853219), l’unico CDK4/6 ad aver fatto intravedere una certa attività come single agent. Ora, ci sono due possibilità al momento: mettersi in scia di Ibrance o puntare su qualcosa di simile, ma allo stesso tempo leggermente differente.

Onconova ha due CDK inibitori: briciclib con target ciclina D1 (sovra-espressa in diverse forme tumorali) ed ON 123300, inibitore di CDK4 e ARK5, quindi leggermente differente rispetto ai CDK inibitori descritti finora. Briciclib è in fase 1, ON 123300 è in fase preclinica. Curioso lo sviluppo di Briciclib, coinvolto già diverso tempo fa in una fase 1 poi sospesa perché, senza troppi giri di parole, non interessava a nessuno. Ci riprovano ora con uno studio in aperto su pazienti affetti da vari tumori solidi (dati in 3q16, probabilmente) , mentre la fase 1 sospesa non è mai stata riaperta all’arruolamento e comunque riguardava pazienti affetti da tumori del sangue.

Cyclacel sceglie un approccio diverso con seliciclib, CDK2/7 /9 inibitore e con CYC-065 CDK2/5 /9 di seconda generazione. Francamente, se vi interessa il mio parere, trovo questo tipo di soluzione meno attraente per una serie di motivi. Per cominciare, seliciclib è stato testato su oltre 450 pazienti, sia come agente singolo che in combinazione, senza che destasse segni particolari di interesse. A parziale discolpa va detto che spesso i trial in combo sono stati condotti con sapacitabina, ma anche in ambito di tumori solidi con  gemcitabina e cisplatino  o docetaxel hanno restituito dati poco esaltanti: 11 PR e 22 SD su 52 soggetti valutabili. Anche in questo caso lo studio è stato chiuso per la scarsa velocità nell’arruolamento.

 

Sausville, Trends Mol Med, 2002 e TAT 2014

Sausville, Trends Mol Med, 2002 e TAT 2014

 

Una nota finale. C’è ovviamente molto entusiasmo riguardo l’impiego di anti-PD1 e simili e per i CDKi che verranno sarà di estrema importanza riuscire ad essere sufficientemente tollerabili da poter essere combinati. Mentre Ibrance di Pfizer e LEE011 di Novartis/Otsuka (via Astex) hanno un profilo simile (mielosoppressione) Abemaciclib ha come eventi avversi più comuni nausea e diarrea. ASCO15 fornirà qualche ulteriore indicazione circa quest classe di comporti, ma non ci si aspetti tantissimo. Sono curioso di approfondire la storia di voruciclib,  CDK 4/6 inibitore di Piramal. Peculiarità della fase 1 che andranno a presentare al meeting è che è stata condotta in combo con vemurafenib. Guarda caso, anche questo studio è stato sospeso…