La notizia è di ieri ed è di quelle che riescono a sorprendermi ed a intrigarmi: Incyte ha annunciato di aver ottenuto un miglioramento nella sopravvivenza di pazienti affetti da cancro al pancreas somministrando Jakafi. Mi ha sorpreso perché non pensavo ce l’avrebbero fatta, tanto che scrissi un articolo pochi giorni fa mettendo in guardia chi volesse sfruttare l’attesa di questi dati come evento binario. Incyte ha elargito pochissimi dettagli dai quali è difficile ricavare informazioni precise ma il mercato ha premiato la compagnia donandole una quotazione mai vista negli ultimi 10 anni grazie ad un perentorio guadagno del 33%. La salita vertiginosa comporta una capitalizzazione di 5,5 miliardi di dollari e riflette l’ottimismo per un impiego del farmaco in alcuni tumori solidi e l’interesse attivo di Novartis nella sperimentazione del farmaco in questi ambiti, dato che la fase 2 della quale vi sto parlando è stata condotta da Incyte solamente.
Veniamo alla notizia:
Incyte Corporation(Nasdaq: INCY) announced top-line results of the Phase II, randomized, double-blind, placebo-controlled RECAP trial of ruxolitinib, its oral JAK1 and JAK2 inhibitor, in combination with capecitabine in patients with recurrent or treatment refractory metastatic pancreatic cancer. The hazard ratio (HR) for overall survival (OS) in the intent to treat population was 0.79 (one-sided p=0.12), and in a pre-specified subgroup analysis conducted in patients identified prospectively as most likely to benefit from JAK pathway inhibition, the HR for OS was 0.47 (one-sided p=0.005). Within this subgroup of patients, which represented 50% of the randomized population, 6 month survival in the ruxolitinib arm was 42% vs. 11% for placebo. Durable tumor responses were only observed in patients receiving ruxolitinib, and ruxolitinib treated patients achieved a significant improvement in body weight relative to placebo.
RECAP è una fase 2 randomizzata ed in doppio cieco nella quale ai pazienti con cancro al pancreas viene somministrato jakafi e capecitabina o la sola capecitabina per determinae se la terapia di combinazione porti ad un vantaggio in termini di sopravvivenza. Da quanto emerge dal comunicato nella popolazione ITT, cioè tutti i pazienti da trattare nello studio, il vantaggio in termini di hazard ratio (HR e più il numero è basso e meglio è) risulta essere di 0,79 con p value = 0,12 e quindi non statisticamente significativo. Incyte sostiene tuttavia di aver riscontrato un vantaggio enorme in una popolazione predeterminata della quale non fornisce dettagli (che costituirebbe circa la metà degli arruolati) misurabile con un HR = 0,47 (p value 0,005).
Mancano le cifre ma la Incyte sostiene che il vantaggio riscontrato in questi pazienti giustifichi l’esecuzione di una fase 3 che (mia ipotesi) ricalcherà la fase 2 come scelta dell’endpoint ma si concentrerà su questo sottogruppo di pazienti definibili da un biomarker.
Come dicevo, mancano i numeri, quindi si possono fare ipotesi e speculazioni, la prima delle quali potrebbe essere la scelta del farmaco impiegato assieme a jakafi. La scelta di utilizzare Xeloda anziché gemcitabina non dovrebbe essere penalizzante a mio modo di vedere, ma potrebbe comportare qualche difficoltà nel comparare il farmaco ad altri in una simile indicazione.
La tollerabilità del farmaco sembra non destare sospetti, con un tasso di fuoriuscita dallo studio inferiore rispetto al placebo (12% vs 20%) e il tasso di sopravvivenza a 6 mesi è del 42% contro l’11% del controllo per il gruppo di pazienti selezionato, nessun dato per la popolazione ITT.
JAK inibitori, una nuova strada anche per la concorrenza?
Incyte tiene la bocca chiusa per quanto riguarda il biomarker e fa bene, la concorrenza è alle porte ed è agguerrita. In primissima fila c’è Gilead (GILD), grazie all’acquisizione di YM Biosciences che chi segue il portafoglio virtuale conoscerà sicuramente bene. L’unico motivo che spinse Gilead a fare una sostanziosa offerta furono i dati sorprendentemente positivi di CYT 387 nelle stesse indicazioni di Jakafi, ora viene lecito chiedersi se anche in tumori solidi possa trovare la stessa fortuna del farmaco di Incyte.
Gilead però a noi investitori concentrati sulle small cap non interessa direttamente, quello che può risultare interessante è capire fra le piccole chi possa trarre vantaggio dalla performance di Jakafi. Tolte le medium come Vertex e le grandi com Lilly (sempre attraverso Incye) e Gilead, le compagnie che più ci possono interessare sono indicate nella seguente tabella:
Framaco | Compagnia | Note |
---|---|---|
Pacritinib | Cell Therapeutics | In fase 3 nel trattamento della mielofibrosi, ha mostrato segni incoraggianti nel trattamento dei tumori solidi in combo con un HDACi |
AT 9283 | Astex | JAK 2/Aurora inibitore in fase 1 sia nel trattamento della leucemia che in quello dei tumori solidi |
‘634 | Galapagos NV | In partner con Abbvie nel trattamento di RA e CD |
Jakafi è più selettivo verso JAK 2 che verso JAK 1, il che lo rende più simile a Pacritinib ed AT 9283 rispettivamente di esclusiva proprietà di Cell Therapeutics (CTIC via S*Bio) ed Astex (ASTX). Galapagos NV ha ben 2 programmi legati all’inibizione del percorso JAK, tutti e due con spiccata specificità riguardo JAK 1 e ceduti in licenza ad AbbVie e GSK che però si concentrano su artrite reumatoide e malattia di Crohn la prima e Lupus e psoriasi per la seconda.
Pacritinib e AT 9283 hanno già mostrato cenni di attività in soggetti con tumori solidi, anche se in un numero limitato di soggetti, e la notizia del successo di Jakafi potrebbe accelerare qualche tentativo di condurre una prova di concetto che conduca ad un chiaro segnale. Ovviamente sarebbe il caso di iniziare proprio dal tumore al pancreas che offrirebbe una prima opportunità di mostrare un vantaggio, qualora i farmaci in questione si dimostrassero già efficaci nella popolazione ITT. Astex potrebbe addirittura prendere in considerazione l’ipotesi di un trial combinando AT 9283 con SGI 110, avendo in casa propria tutto il necessario.
In attesa di scoprire quale sia il misterioso biomarker di Incyte.