halozymeHalozyme ($HALO) è principalmente conosciuta per la collaborazione con Roche nella formulazione di Herceptin in versione sottocutanea (SC) che è valsa l’approvazione Europea nel trattamento del cancro al seno HER2+:

 

Halozyme Therapeutics, Inc.(NASDAQ: HALO) announced today that the European Commission has grantedRoche European Union (EU) marketing authorization for the use of a time-saving subcutaneous (SC) formulation of Herceptin® (trastuzumab) for the treatment of HER2-positive breast cancer. This formulation utilizes Halozyme’s recombinant human hyaluronidase (rHuPH20) and is administered in two to five minutes, rather than 30 to 90 minutes with the standard intravenous form.

 

Roche ha pagato a Halozyme 10 milioni di dollari come milestone per il raggiungimento del traguardo e verserà nelle casse della small cap americana il 5% delle vendite del farmaco. Una stima ragionevole relativa agli introiti di Halozyme, che comprenda i benefici della nuova formulazione in termini di praticità e velocità di somministrazione ed i dubbi legati alla natura “fai da te” del nuovo trattamento, potrebbe attestarsi attorno ai 30-40 milioni di dollari di royalties.  Il conto è presto fatto: premesso che la versione SC costerà come il suo predecessore, le vendite annuali di Herceptin ammontano a 6,4 miliardi di dollari dei quali circa 2,2 B$ in Europa. Di questi ultimi 1,5B$ sono legati alla prescrizione per la quale la versione sottocutanea è stata recentemente approvata. Ipotizzando che il 40% delle vendite si sposti dalla somministrazione per intravenosa a favore di quella sottocutanea il ricavo annuale sarebbe di circa 620 milioni e su questo andrebbero calcolate le royalties.

30 milioni (o 40 che siano) non sono pochi, ma nemmeno possono giustificare una capitalizzazione così elevata (ad oggi siamo oltre gli 1,2 miliardi di dollari). Roche non punterà a lungo su Herceptin vista la presenza di biosimilari più economici ed i risultati promettenti e recentissimi  di Kadcyla:

 

In a trial among 602 patients whose cancer was inoperable or had recurred after treatment with drugs including Roche’s Herceptin and GlaxoSmithKline Plc (GSK)’s Tykerb, those receiving Kadcyla lived a median of 6.2 months without their disease progressing, compared with 3.3 months for those whose doctors chose a different therapy, according to data to be presented at a cancer conference in Amsterdam today.

 

E non è scontato, come anticipavo prima, che la quota della versione IV si trasferisca automaticamente su quella SC, anche se una prima importante apertura c’è già stata da parte del sistema sanitario nazionale inglese che ha apertamente caldeggiato per quest’ultima soluzione.

Halozyme deve fare affidamento sulla propria pipeline, oltre che sulle collaborazioni con Pfizer (PFE), Roche ed Intrexon (XON) e sul già approvato HyQvia.

Lo scorso aprile la compagnia ha iniziato uno studio di fase 2 randomizzato per valutare i vantaggi della somministrazione di PEGPH20 in combo con quello che probabilmente diventerà il nuovo standard di cura in prima linea su pazienti con tumore al pancreas, ossia Abraxane e gemcitabina. Chiaro è che un risultato positivo in questo senso sarebbe una vittoria schiacciante, poiché sfrutterebbe la diffusione del nuovo standard, già apprezzato da diversi opinion leader già al tempo dell’impiego off-label di Abraxane. Per il momento, possiamo discutere sui dati di uno studio differente che sono stati illustrati al recente ESMO (European Society of Medical Oncology) e conviene farlo, visto che al momento rimane un programma poco considerato dal mercato.

La fase 1b/2 della quale vi parlo oggi vede PEGPH20 somministrato assieme a gemcitabina nella prima porzione di studio, mentre nella seconda i pazienti vengono randomizzati per ricevere la combo o la singola gemcitabina. I recenti ed aggiornati risultati della fase 1b su 28 pazienti sono piuttosto intriganti e sono rassunti nell’ultimo loro comunicato stampa:

 

The accumulation of HA, a protective matrix that surrounds many solid tumors, has been shown to be an indicator of poor patient prognosis and may accelerate disease progression. In this single arm study, all patients received PEGPH20 in combination with gemcitabine. The primary objective was to determine the recommended phase 2 dose. Exploratory analysis evaluated PFS and OS in a subset of patients with available biopsy samples and HA scores. In patients with high levels of tumor HA (n=6), PFS was 219 days compared to 108 days for patients with low levels of tumor HA (n=11), while OS in the high HA group was 529 days compared to 174 days for the low HA group. OS data is still not mature for the high HA group. With respect to the intent to treat population irrespective of HA status (n=24), PFS was 154 days and OS was 200 days.

 

Ora, tradotto e sintetizzato suona così: in 6 pazienti con alta espressione di acido ialuronico (HA+) associato al tumore la progressione libera da malattia (PFS) è stata di 219 giorni vs i 108 giorni per gli 11 pazienti con bassa espressione (HA-) mentre la sopravvivenza globale è stata di 529 giorni per gli HA+ contro i 174 giorni per gli HA-. Sulla popolazione ITT, cioè su tutti i soggetti da trattare a prescindere dai valori di HA, la PFS è stata di 154 giorni e la sopravvivenza (OS) di 200 giorni.

Non c’è da urlare al miracolo per quanto riguarda la popolazione ITT, ne per quanto riguarda quella HA-, specie se confrontati agli 8,5 mesi di sopravvivenza fatti registrare da abraxane/gemcitabina nello studio MPACT  (vs 6,7 mesi per gemcitabina da sola, HR 0.72, P value=0.000015). Gli aspetti interessanti però sono legati al biomarker, in primo luogo perché ci da misura di come si possa selezionare i pazienti e con quale impressionante beneficio, sebbene il basso numero di pazienti induca alla prudenza. In secondo luogo perché da l’idea di come l’espressione dell’HA sia un fattore prognostico interessante per questo tipo di pazienti.

L’espressione di HA è un biomarker molto importante per Halozyme poiché è coerente con il funzionamento del farmaco, ma è di interesse quasi nullo per la fase 2 nella quale PEGPH20 è dosato assieme a gemcitabina ed Abraxane. In questo caso sarà interessante capire se il farmaco di Halozyme potrà apportare un qualche tipo di beneficio a dispetto della mancanza di un biomarker.

Lo scorso ASCO Halozyme aveva riportato i tassi di risposta (ORR) di questa fase 1b che risultavano essere del 33% (7 risposte parziali o PR su 21 pazienti valutabili) con punte del 55% (5 pazienti su 9). I numeri sono estremamente psitivi se si comparano a dati recenti della sola gemcitabina, che fornisce ORR inferiori al 10%. Sempre prendendo ad esempio lo studio MPACT:

 

ABRAXANE plus gemcitabine also demonstrated a statistically significant improvement in key secondary endpoints compared to gemcitabine alone, including a 31% reduction in the risk of progression or death with a median progression-free survival (PFS) of 5.5 vs. 3.7 months (HR 0.69, P=0.000024) and an overall response rate (ORR) of 23%

 

Il 23% di ORR in fase 3 era stato anticipato da un tasso di risposta per pazienti trattati con Abraxane del 48% in fase 2, quindi i numeri sono perfettamente in linea con quanto viene richiesto dal mercato. A questo va aggiunto il fatto che la presenza di un biomarker e la compatibilità teorica con il nuovo standard della cura sono elementi importanti, fatto salvo che si passa attraverso i risultati di questa fase 2 in corso.

Altro aspetto degno di nota, sta per iniziare una fase 2 nella quale i farmaco di Halozyme sarà affiancato al regime FOLFIRINOX, altra opzione terapeutica che recentemente è stata rivalutata, dopo che iniziali dubbi circa la sicurezza e la tollerabilità della stessa erano stati sollevati.

Halozyme aveva 76 milioni in cassa al 30 giugno, cifra che consente di andare avanti oltre un anno, stante l’attuale cash burn rate e senza considerare gli introiti derivanti dalle royalties dei partner. Se tuttavia le royalties, le collaborazioni ed i primi dati intriganti di PEGPH20 non bastano a suscitare la vostra curiosità di investitori, aggiungo un piccolo carico. Entro fine anno ed inizio 2013 ci saranno due appuntamenti di un certo peso per la compagnia. In primo luogo si attende il responso del CHMP riguardo Mabthera SC (stesso discorso fatto per Herceptin), in secondo luogo i dati dello studio CONSISTENT 1 per Hylenex, un analogo dell’insulina nel trattamento del diabete. Quasi nessuno ascrive un valore a questo programma, il che significa che se le cose dovessero andar male il contraccolpo sarebbe minimo, ma se ci fosse qualche buona notizia, si aprirebbe un nuovo capitolo della storia di Halozyme.