Quattro sono i MEKi di cui vi parlo abitualmente, due sono di Array (ARRY), uno di Exelixis ed uno di GSK. Sono, rispettivamente Selumetinib e MEK 162, Cobimetinib ed infine Mekinist. Ora, se non avete vissuto in una grotta negli ultimi giorni (o avete esagerato con i ponti) sapete che attorno a questo composti stanno girando interessi miliardari. Breve riassunto.
Novartis si è appropriata della sezione oncologica di GSK, relativamente ai prodotti già in commercio, aggiungendo una saggia postilla al riguardo di Tremetinib e Tafinlar (nomi commerciali di trametinib e dabrafenib). MEKi il primo, BRAFi il secondo. La postilla vale 1,5 miliardi di dollari ed è legata al risultato della fase 3 COMBI-d in relazione all’endpoint secondario più importante: la sopravvivenza globale. L’effetto domino inizia da qui, visto che Novartis ha già in pipeline una combo MEK/BRAF inibitore costituita rispettivamente da Binimetinib (MEK 162, farmaco sviluppato da Array) e da LGX 818. Da qui la prima domanda: cosa se ne fa Novartis di un doppione targato GSK? Cosa accadrebbe nell’eventualità che COMBI-d restituisse dati positivi?
La prima conseguenza potrebbe essere che Novartis decida di liberarsi di binimetinib, restituendo nel 2015 il farmaco ad Array. Array in questo caso si troverebbe ad avere il pieno possesso di un farmaco con 3 studi registrativi praticamente completati dei quali uno solo, quello denominato MILO su pazienti con carcinoma ovarico, finanziato interamente da loro. Non male direi. Questi i dettagli resi noti da Array:
Mi sono permesso di sottolineare due aspetti importanti. Il primo, come dicevo poc’anzi è che Novartis finanzierà gli studi in corso indipendentemente dalla scelta sul proseguire o meno con Binimetinib, il secondo è che nel 2015 lo studio NEMO (melanoma NRAS+) sarà potenzialmente utile per ottenere la prima approvazione, ovviamente a patto che i dati siano positivi.
Questa la situazione aggiornata di Binimetinib:
Al prossimo ASCO sarà interessante assistere alla presentazione orale della fase 1/2 nel trattamento del melanoma su soggetti con NRAS mutato in combinazione con un altro promettente farmaco del quale vi ho già parlato in passato, il CDK 4/6 inibitore LEE 011. Si tratterebbe di una nuova combinazione che potrebbe portare nuovo lustro a Binimetinib dato che, se ci si limita a ragionare in termini di combo MEK/BRAF il panorama si sta evolvendo in fretta. Ad ASCO 13 la situazione era questa:
A quei tempi le combo così composte sembravano un passo avanti mostruoso rispetto al passato ed in parte si può affermare che le cose stiano ancora così, tuttavia i rapporti di forza sono notevolmente cambiati. In questi due ultimi mesi sono maturati i dati di GSK e della coppia Roche/Exelixis. Ad oggi possiamo fare un confronto fra quelli della fase 2 e 3 di GSK ed i recentissimi dati di BRIM7, fase 1b che ha convinto Roche ad intraprendere lo studio registrativo CoBRIM, del quale attendiamo i dati da qui a fine anno.
Non è un confronto semplice, ma andiamo a fondo. Lo scorso gennaio FDA ha concesso l’approvazione accelerata alla combo Mekinist Tafinlar per il trattamento del melanoma in pazienti con mutazione BRAF V600E o V600K sula base di una fase 2 condotta su 162 pazienti randomizzati a ricevere i due farmaci oppure il solo dabrafenib. Il risultato è che i soggetti del braccio attivo hanno fatto registrare una PFS di 9,4 mesi ed un tasso di risposta del 76% vs i 5,8 mesi ed un tasso del 56% per il controllo. Dal punto di vista della sicurezza l’incidenza di carcinomi della pelle a cellule squamose è stata del 7% per il braccio attivo vs il 19% del controllo, sebbene il dato non sia stato significativo dal punto di vista statistico, il trend favorevole ha aiutato la causa. L’approvazione accelerata in USA è stata concessa a fronte del fatto che GSK stava conducendo una fase 3 della combo che avrebbe permesso di confermare il beneficio di li a poco tempo. Ora, COMBI-d, la fase 3 in questione, è ancora in corso, ma conosciamo già l’endpoint primario relativo alla progressione libera da malattia e sappiamo che è stato raggiunto. Analizzare i dati però non è stato così semplice, dato che GSK si è data da fare per renderli quasi introvabili. Quasi, introvabili. Ecco perché, ed ecco il motivo di legare 1,5 miliardi di dollari all’esito dello studio per quanto riguarda la sopravvivenza:
Anche qui mi sono permesso di sottolineare l’aspetto più importante, la PFS mediana è di 10,1 mesi per la combo, quindi anche meglio delle attese, quella del controllo è di 9,5 mesi. L’hazard ratio risulta essere di 0,78 con l’estremo maggiore dell’intervallo di confidenza oltre quota 1, il che è un passo indietro notevole rispetto alla fase 2 nella quale di 0,39.
Mentre vi scrivo Exelixis comunica i dati principali di BRIM7, studio nel quale il MEKi Cobimetinib è stato somministrato assieme al BRAFi Vemurafenib (Zelboraf) vs il solo Vemurafenib in pazienti con melanoma e mutazione BRAF v600. 129 i pazienti totali, dei quali 66 con progressione dopo pregressa terapia a base di Vemurafenib e 63 BRAFi naive. In questi ultimi il tasso di risposta è stato dell’87% (con un 10% di risposte complete) ed una mPFS di 13,7 mesi. Il dato è estremamente significativo visto che le due popolazioni sembrano abbastanza confrontabili, dato che il 70% dei BRAF naive in BRIM 7 aveva uno stadio IV M1c, dato in linea con il 66% di COMBI-d (67 per la combo, 65 per la mono). Anche per quanto riguarda le terapie precedenti gli studi sono simili ed anche qui sembra che BRIM7 parta leggermente svantaggiato, il che rende il vantaggio numerico ancora più significativo. Il 32% BRAFi naive ha ricevuto terapie precedenti diverse da Zelboraf ed affini, percentuale che si ferma al 27% nella combo di GSK.
Roche ed Exelixis sembrano in vantaggio ed i dati di CoBRIM sono in arrivo. Il brusco freno a mano tirato da GSK a causa di questi dati e del parere del CHMP che ha indotto la compagnia a ritirare la domanda di approvazione in Europa da spazio a Cobimetinib per conquistare le luci dei riflettori.
Stando così le cose, gli equilibri dovrebbero rimane intatti per Array e Novartis, che difficilmente restituirà i diritti di Binimetinib, probabilmente risparmierà 1,5 miliardi di dollari a svantaggio di GSK e troverà uno spazio al di fuori di quello che potrebbe diventare il territorio di Cobimetinib.
La storia però non finisce qui. C’è un altro pretendente al trono di MEKi per eccellenza nelle pipeline di queste compagnie ed è Selumetinib. Anche qui le recenti trattative da parte di Pfizer di acquisire (con ogni mezzo, sembrerebbe) AstraZeneca hanno fatto parlare di Array. Selumetinib, già da tempo, non pesta i piedi a MEK 162, ma nel quasi totale silenzio è stato ed è impegnato in 52 studi clinici fra fasi 2 e 3. La prima richiesta di approvazione del farmaco potrebbe già arrivare nel 2015 per il trattamento del melanoma uveale, seguita nel 2016 dalla richiesta per il trattamento del tumore al polmone KRAS+ e da quella per il trattamento del carcinoma della tiroide.
Lo spazio sotto i riflettori è destinato ad essere affollato…
Eccola qui, meno fine rispetto alla sindrome del gufolon irritabile… ma da possedere comunque!
Chiedo venia Luke! Oggi giornata ricca di jar test… adoro quegli aggeggi, devo averne uno!
@CK…………allora ? gli astri non ti hanno parlato? stellata magnifica oggi……… 🙂
ahahahah… la voglio! ne avevo vista una con scritto “have a nice day” e poi sul fondo, visibile dall’interlocutore quando si beve, un bel dito medio alzato!
Povero Filanesib… è diventato orfano e tutti festeggiano
Scusate il post selvaggio, ma ho visto questa immagine e DEVO condividerla con qualcuno che la possa capire… Mi fa ribaltare…
@Luke… oggi, tempo permettendo, la scioccante risposta all’annoso quesito: prima CoBRIM o COMET?
La rivelazione sarà decisamente sballata, gasata e completamente fusa!
@Ck >>>> consultando gli astri 🙂 arriveranno prima i dati coBRIM o COMET ?
dal’analisi ad interim potrebbe cabozantinib sbancare il banco con risultati non previsti?
bye