Le sorti di Idera (IDRA) ruotano essenzialmente su due punti: la piattaforma legata ai TLR e quella legata all’antisense di terza generazione chiamata GSO. Anche la privata VentiRx ha i piedi ben saldi nel campo dei Toll Like Receptor in ambito oncologico ed ultimamente sta facendo parlare di se. Cosa hanno in comune le due compagnie oltre a questo? In modo più o meno indiretto hanno a che fare con il mio portafoglio biotech. Se Idera è ben visibile (anche perché segnata da un rosso acceso), VentiRx sfiora soltanto i miei investimenti per via di un illustre parente: Array Biopharma (ARRY).

Come ricorderete se avete dimestichezza con la compagnia del Colorado o se avete letto il mio report, VTX-2337 (al secolo Motolimod) è un TLR8 agonista sviluppato da Array e poi concesso in licenza alla privata VentiRx la quale poi è stata oggetto di attenzione da parte di Celgene (CELG) che ad oggi possiede un’opzione per acquisire il programma assieme alla compagnia intera. Dall’accordo Array ha guadagnato un investimento nella compagnia privata, un pagamento di 2,6 milioni di dollari in milestones raggiunte nello sviluppo del farmaco ed ha la possibilità di aggiungere altro fieno in cascina sotto forma di premi per obiettivi per un ammontare di 56 milioni, oltre che eventuali royalties sulla commercializzazione.

In un settembre piuttosto caldo per VentiRx sono arrivate la designazione per la Fast Track da parte di FDA:

–September 02, 2014 –VentiRx Pharmaceuticals […] today announced that the U.S. Food and Drug Administration (FDA) has granted Fast Track designation to the investigation of motolimod (VTX-2337) when administered in combination with pegylated liposomal doxorubicin (PLD) for the treatment of women with ovarian cancer whose disease has progressed on or recurred after platinum-based chemotherapy

 

E, cosa più importante, due importanti aggiornamenti sulla compagnia, dal punto di vista economico e dello sviluppo del rapporto con Celgene:

Chief Executive Officer Robert Hershberg, M.D., Ph.D. recently joined Celgene Corporation to lead research and early development efforts in immuno-oncology and the newly formed Celgene Immuno-Oncology Center of Excellence to be based in Seattle. Dr. Hershberg will remain President and CEO of VentiRx at a reduced time commitment. Further, VentiRx announced the promotion of Kathleen Fanning, former Vice President, Business Development and Alliance Management at VentiRx, to the newly created role of Chief Operating Officer.
In other corporate news, an undisclosed equity investment was secured by Frazier, Arch, Domain, MedImmune and Celgene Corporation (NASDAQ: CELG). VentiRx plans to use these additional funds for the development of the company’s lead investigational agent, motolimod (VTX-2337). In October 2012, VentiRx entered into an exclusive, world-wide collaboration with Celgene for the development of motolimod. Under the collaboration agreement, Celgene has the exclusive option to acquire VentiRx upon the company’s achievement of pre-specified clinical milestones from ongoing Phase 2 studies in ovarian and head and neck cancer, respectively.

Che il CEO si unisca a Celgene nell’ambito di un programma votato allo sviluppo di farmaci in ambito immuno/oncologico è un aspetto che non può essere trascurato. Allo stesso modo il fatto che VentiRx si sia finanziata in modo sostanziale e, ora possiamo dirlo, anche sostanzioso. Al meìomento dell’annuncio non era stata divulgata la cifra introitata da VentiRx, oggi sappiamo che ammonta a qualche migliaio di dollari oltre i 50 milioni. 

Altra notizia di notevole interesse risale al 3 settembre:

 

The nonprofits Ludwig Cancer Research (Ludwig) and the Cancer Research Institute (CRI) announced today an agreement with VentiRx Pharmaceuticals Inc., a clinical stage biopharmaceutical company, to conduct a clinical trial with otolimod (VTX-2337) combined with other immunotherapy agents available to Ludwig and CRI through other industry partnerships. VentiRx will provide motolimod, the company’s lead immuno-oncology agent, for the study, which will be conducted by Ludwig and CRI through their jointly coordinated CVC Trials Network

 

Nella PR non se ne fa menzione, ma Motolimod verrà somministrato assieme a MEDI-4736, checkpoint inibitore (anti-PD-L1) di AstraZeneca. Motolimod viene considerato dal Ludwig Cancer Center come un promettente farmaco specialmente in abbinamento ad altri immunoterapici in virtù della sua capacità (da dimostrare nei fatti, comunque) di attivare il sistema immunitario innato dei pazienti. Attualmente il TLR8 agonista è impegnato in una fase 2 da circa 290 pazienti condotta assieme al  Gynecologic Oncology Group (GOG) su pazienti affette da carcinoma ovarico (indicazione per la quale ha ottenuto lo status di farmaco orfano lo scorso aprile da FDA) con alle spalle un precedente fallimento in una terapia a base di platino. Motolimod viene somministrato in combinazione a doxorubicina liposomiale, quindi anche in questo caso in una terapia di combinazione e l’endpoint primario dello studio è la sopravvivenza globale.

Altra fase 2 in corso è ACTIVE8 su soggetti affetti da carcinoma squamoso del collo e della testa. Anche qui viene somministrato in combinazione, segnatamente con cetuximab e chemioterapia.

Motolimod attualmente si trova incanalato in uno spazio ben preciso: terapia di combinazione (sia con agenti tradizionali che con farmaci più sperimentali) ed in soggetti affetti da tumori solidi. Non è al momento chiaro se la collaborazione con il Ludwig Cancer Center sbloccherà la situazione nei confronti di indicazioni ematologiche, tuttavia i presupposti potrebbero esserci. Esiste la possibilità che anticorpi anti-PD-L1 possano giocare un ruolo importante nel trattamento di alcuni tumori del sangue, come sembrerebbero dimostrare i primi dati di pidilizumab, anti-PD-L1 di CureTech. In una fase 2 condotta su 66 pazienti affetti da DLBCL il tasso di PFS a 16 mesi è stato del 72%, mentre il tasso si sopravvivenza nello stesso periodo si è attestato attorno all’85%. Rispetto ai dati presenti in letteratura il dato è promettente, sebbene ci sia più di una considerazione da fare sull’argomento. Al di la di questo, il risultato ottenuto da CureTech rappresenta forse il primo esempio che metta in luce l’opportunità di inseguire quel target al di fuori dei tumori solidi. Altro elemento che fa ben sperare per quanto riguarda l’uso di checkpoint inibitori è il fatto che Nivolumab, l’anti-PD1 di Bristol Myers, ha ottenuto lo scorso maggio la Breakthrough Therapy Designation (BTD):

U.S. Food and Drug Administration (FDA) has granted the investigational PD-1 immune checkpoint inhibitor nivolumab Breakthrough Therapy Designation for the treatment of patients with Hodgkin lymphoma (HL) after failure of autologous stem cell transplant and brentuximab. The designation is based on data from a cohort of patients with HL in the company’s ongoing Phase 1b study of relapsed and refractory hematological malignancies.

 

Visti i successi di Nivolumab nel trattamento di diversi tumori solidi, è interessante notare che la designazione sia arrivata per un linfoma. Se ricordate, avevo già affrontato il tema parlando di Innate Pharma (IPH).

Se è lecito attendersi che l’efficacia di Motolimod aumenti con il concomitante impiego di checkpoint inibitori, non è altrettanto automatico che l’uso di un TLR8 agonista aiuti un farmaco come Nivolumab ad ottenere migliori risultati in ambito ematologico. Cosa che però potrebbe avvenire con una TLR antagonista come IMO-8400 di Idera.

 

Idera, l’altra faccia dei TLR.

 

Vi ho già parlato di Idera e di IMO-8400 in relazione ad un programma mirato verso il trattamento di linfomi ben definiti geneticamente. Due sono attualmente gli studi in corso, uno che riguarda pazienti affetti da macroglobulinemia di Waldenström (WM) ed uno che coinvolge soggetti affetti da DLBCL con mutazione MYD88 L265P, identificabili attraverso un kit diagnostico sviluppato in collaborazione con Abbott. Alla base di tutto c’è il concetto che la presenza di mutazioni MYD88 L265P porta ad una iper attivazione di TLR 7 e 9, quindi un farmaco come IMO-8400 potrebbe rivelarsi decisamente utile. Altro aspetto da considerare è che un sempre crescente numero di prove indica che la presenza di tale mutazione causa una prognosi sfavorevole rispetto ai soggetti con la stessa malattia. Questo va ad aggiungersi al fatto che nessuna terapia specifica è attualmente impiegata nella pratica clinica, il che conferisce ad Idera la possibilità (previa conferma dei dati) di avere a disposizione una strada piuttosto bel delineata verso l’approvazione.

L’altra faccia della medaglia è che questo tipo di approccio ancora non ha una validazione. VentiRx è intervenuta proprio con VTX-2337 assieme a radioterapia in pazienti con linfomi di tipo B, sfortunatamente lo studio non si è mai concluso a causa di un arruolamento di pazienti quasi inesistente. Idera invece sta arruolando senza apparenti intoppi, aprendo anche nuovi centri (fra questi Mayo, Sloan Kettering, stanforded MD Anderson) ed utilizzando un kit appropriato che dovrebbe rendere più semplice il compito.

Sia nel caso del DLBCL che per quanto riguarda la WM, si tratta di studi in aperto con dosaggi scalari. Nel caso della WM i soggetti, recidivi o refrattari, sono trattati a dosaggi crescenti per 24 settimane. I primi dati, su un numero limitato di pazienti ed ad un dosaggio per cui non credo sarà semplice determinare l’attività del farmaco, saranno disponibili a fine anno, il resto arriverà nel 2015.

Non mi risulta che ci siano attualmente in fase di sperimentazione Checkpoint inibitori e TLR antagonisti in ambito ematologico e non è nemmeno detto che questa accoppiata risulti possibile in un futuro, ma qualora IMO-8400 produca risultati apprezzabili è opportuno ricordare che in casa Idera ha già un follow on, ossia IMO-9200.

 

 Incroci pericolosi.

Detto che VentiRx ci ha provato con il linfoma, un altro incrocio riguarda le due compagnie.

Sebbene non ne parli apertamente, Idera ha ancora in cantiere IMO-2055. Non tutti forse lo ricorderanno ma il TLR9 agonista era in fase di sviluppo congiunto con Merck KGaA, sviluppo ch epoi si interruppe a causa di uno studio simile a quello che VentiRx sta conducendo oggi: ACTIVE8.

In fase 1 su pazienti affetti da carcinoma squamoso della testa e del collo, somministrato in combo con cetuximab, 5-FU e cisplatino, il farmaco di Idera causava neutropenia, tanto da spingere Merck a bloccare lo studio, mantenendo però attiva una fase 2 sostanzialmente simile che era già in corso all’epoca. La fase 2 poi, come è facile intuire, finì male, ma non per questioni di tollerabilità del farmaco, semplicemente la combo non funzionava.

Ora, chiaramente, Idera sta conducendo studi preclinici per combinare IMO-2055 con checkpoint inibitori.

Più n generale, la situazione di Idera è la seguente:

  • IMO-8400 in fase I/II per due indicazioni ematologiche, primi dati fine anno, il resto nel 2015. Sul versante autoimmuni, Idera intende iniziare studi su pazienti affetti da polimiosite e Graft versus host disease (GvHD) entro fine anno
  • IMO-9200 entrerà in fase clinica entro fine anno, pochi i dettagli forniti finora a riguardo, ma non è da escludere che si pensi ad un cammino simile a quello di IMO-8400.
  • IMO-2055 in rianimazione.
  • piattaforma GSO pronta per sfornare il primo candidato da sottoporre a fase 1 nella seconda metà del 2015

 

Conclusione

 

Entro fine anno Idera comincerà a mettersi in moto, per lo meno dal punto di vista clinico. Al tagliando di fine giugno la cassa risultava ammontare a 64 milioni, più che sufficiente per finanziare gli attuali obiettivi individuati dalla società.

I primi dati su cui sarà possibile discutere riguarderanno alcuni pazienti affetti da WM recidivi o refrattari, senza dimenticare però che sono attesi anche dati maturi e completi della fase 2 su pazienti con psoriasi. Sappiamo già che lo studio ha centrato l’obiettivo primario, ossia quello di dimostrare che il farmaco è sicuro e ben tollerato, oltre che aver mostrato qualche cenno (non particolarmente esaltante) di attività. Come ho avuto modo di dire in passato, non importa molto che iMO-8400 funzioni nel trattamento della psoriasi, un mercato iper competitivo e difficilmente penetrabile a meno di avere in mano risultati stellari. Serve dimostrare che il meccanismo che sta alla base è coerente con la direzione presa e che il farmaco non abbia gravi effetti collaterali.

Lo studio sulla WM è iniziato ad aprile e dovrebbe riguardare circa 30 pazienti. Si tratta di una fase 1/2 in aperto con 3 coorti ed a dosaggio scalare:

A1) 0,6 mg/kg q wk x 24 wk

A2) 1,2 mg/kg q wk x 24 wk

A3) 2,4 mg/kg q wk x 24 wk

Circa 9 soggetti su 10 affetti da WM hanno una mutazione MYD88 L265P, il che rende sensato il tentativo senza che ci sia necessità di selezionare i pazienti in base alla mutazione, come invece avviene nel caso del DLBCL. Trattandosi di uno studio appena iniziato e con delle tempistiche che possono raggiungere i 6 mesi di somministrazione del farmaco, per fine anno credo sia legittimo attendersi dati parziali e solo dalla coorte con il dosaggio più basso, ossia 0,6 mg/kg. Se esiste un effetto dipendente dal dosaggio (come è lecito attendersi) i primi dati potrebbero non essere esaltanti, specialmente con un follow up così limitato, il che rende rischioso l’investimento a breve termine.

Per chi è long, l’ipotesi che sottende il modello di sviluppo di IMO-8400 è molto interessante ed una prima conferma nel trial sulla WM potrebbe essere una buona occasione per incrementare.