Oggi avrei dovuto pubblicare un articolo su un’altra IPO, ma lo rimando per causa di forza maggiore, visto l’accordo stipulato fra Oncomed e Celgene reso pubblico ieri:

OncoMed Pharmaceuticals, Inc. (Nasdaq:OMED) and Celgene Corporation (Nasdaq:CELG) today announced an agreement to jointly develop and commercialize up to six anti-cancer stem cell (CSC) product candidates from OncoMed’s biologics pipeline, including demcizumab (OMP-21M18, Anti-DLL4).

OncoMed rimarrà responsabile delle prime fasi di sperimentazione a seguito delle quali Celgene potrà esercitare o meno il diritto di ottenere la licenza di un massimo di 6 composti partoriti dalla piattaforma tecnologica di Oncomed focalizzata sul combattere le cellule staminali cancerogene (CSC). Ad OncoMed rimarranno i diritti di co-sviluppo, in particolare negli USA potrà commercializzare il farmaco spartendo al 50% gli incassi con Celgene. L’accordo, è bene precisarlo, ruota principalmente attorno a demcizumab che potrebbe diventare un interessante candidato per Celgene dopo che OncoMed avrà condotto una sperimentazione di fase 2 randomizzata. Se questo primo scoglio verrà superato brillantemente Celgene prenderà il controllo della sperimentazione assumendosi due terzi dei costi di sviluppo.

Altro impegno preso da Celgene riguarderà la collaborazione per identificare una nuova molecola che abbia sempre come bersaglio le CSC, campo che sta riscuotendo un notevole interesse in ambito oncologico. A fronte di questo accordo la Big Pharma ha pagato 155 milioni di dollari in anticipo, oltre ad investire 22,25 milioni di dollari in nuove azioni OncoMed ad un prezzo di poco superiore ai 15$. Tanto per la cronaca, ieri OncoMed ha chiuso a 27,7$.

Diamo uno sguardo alla pipeline, nella quale sono già incluse le partnership esistenti con Bayer e Glaxo Smith Kline:

 

oncomed pipeline

 

Demcizumab, anticorpo che mira al ligando 4 di tipo delta (DLL4), al momento si trova in fase 1b in diversi tumori solidi fra i quali quello al pancreas in combinazione con gemcitabina con o senza Abraxane, altro farmaco targato Celgene. Il farmaco ha già dato prova di efficacia, unita però ad un profilo di sicurezza che ha bisogno di qualche accortezza. OncoMed si è già data da fare per mitigare il rischio di insorgenza di eventi cardiovascolari avversi attraverso opportune modifiche al dosaggio ed i primi benefici si sono visti nei 7 pazienti affetti da tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC) e nei 3 affetti da tumore al pancreas. In questi soggetti, oltre alla mancanza di tossicità cardiaca si sono registrate 3 risposte parziali (PR) e 4 malattie stabili (SD) con risposte durature. Un aggiornamento della sperimentazione arriverà probabilmente a gennaio con la partecipazione ad ASCO GU, anche se ASCO 14 sarà la vetrina più importante.

Torniamo a guardare la pipeline. Vi ho detto spesso ultimamente che avreste sentito parlare sempre più spesso di anticorpi bispecifici, ebbene, anche oggi se ne parla. Uno degli obiettivi dell’accordo fra OncoMed e Celgene è proprio un anticorpo bispecifico che ha in comune il bersaglio di demcizumab, oltre al fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF). Questo tipo di approccio, qualora DLL4 venga validato come bersaglio, potrà fornire un vantaggio potenzialmente enorme sia dal punto di vista dell’efficacia che della tollerabilità del farmaco proprio grazie alla capacità di colpire il secondo bersaglio.

 

Bersagli innovativi.

 

Lo scorso ottobre OncoMed ha riportato i dati di demcizumab e di altri due anticorpi testati per la prima volta su essere umani.

L’anti-DLL4 assieme a gemcitabina nel trattamento in prima linea del tumore al pancreas localmente avanzato o metastatico ha, come detto in precedenza, fornito le prime testimonianze di come la profilassi messa in atto da OncoMed abbia consentito di contenere il rischio di cardiotossicità del farmaco. Dal punto di vista dell’efficacia il tasso di risposta è stato del 25% (tutte PR) ed un tasso di controllo della malattia del 69% e nel gruppo con il massimo dosaggio dell’anticorpo (5 mg/kg) la progressione libera da malattia è stata di 176 giorni. Ovviamente il dato più interessante riguarderà l’impiego congiunto con Abraxane, ma per quello occorre avere ancora un po’ di pazienza e tenere presente che sarà già frutto del sistema di mitigazione dei rischi messo in piedi dalla compagnia.

Primissimi dati di  OMP 52M51, altro esempio di meccanismo d’azione innovativo della compagnia. In questo caso si tratta di un anticorpo anti-Notch1 che, sebbene i dati siano finora scarsi, ha mostrato un certo grado di efficacia misurato attraverso la riduzione delle cellule tumorali circolanti in due soggetti, uno affetto da cancro al colon-retto ed uno al seno (HER2-). L’aspetto più interessante in questo caso è l’espansione dello studio che andrà ad interessare pazienti con tumori nei quali è coinvolto direttamente il gene Notch1.

Altri dati arrivano poi dalla proteina di fusione FZD8-Fc nel trattamento di tumori solidi in fase avanzata. Anche qui siamo proprio all’inizio, anche se una espansione delle sperimentazioni è già stata pianificata, ma qualche segnale già si è avuto in due pazienti con tumore desmoide ed altri due con, rispettivamente, un carcinoma renale ed un tumore al pancreas che hanno ottenuto stabilizzazioni della malattia piuttosto durature.

Se torniamo ad osservare la pipeline, aggiungendo Celgene otteniamo un ampio spettro di farmaci con MoA differenti gli uni dagli altri ed innovativi in generale. Sebbene il gruppo di compagnie che si occupano di CSC sia composto da aziende con differenti approcci e risultati ancora da dimostrare, le partnership di OncoMed sono una buona garanzia per il lungo periodo. La diversificazione bilancia la precoce età dello sviluppo clinico della compagnia, dato che nessun composto di quelli attualmente presenti ha mai completato una fase 2.

L’accordo con Celgene va visto in un’ottica leggermente più ampia di quella che mostrano le cifre. L’accordo è costituito da una parte di investimento iniziale che esprime la fiducia nella piattaforma tecnologica dell’azienda. In soldoni, i 155 M$ non sono rimborsabili, questo significa aver riposto fiducia in OncoMed sulla base di valutazioni che ai semplici azionisti ed analisti non possono essere divulgate. La stipula prevede, oltre al già citato diritto di co-sviluppo e partecipazione alla vendita ed agli utili, royalties a singola cifra e milestones per ogni singolo programma. Nel caso di demcizumab ad esempio, le milestones possono arrivare a circa 790M$, in gran parte legate ad obiettivi di sicurezza e comunque legati ad eventi che si realizzeranno prima della commercializzazione (eventuale) del farmaco. Per l’anticorpo bispecifico il pacchetto potrebbe valere 505 M$.

Questo è il grafico dell’azienda dalla sua collocazione nel Nasdaq a ieri:

 

oncomed OMED grafico

 

Dopo l’approdo in borsa il titolo è praticamente solo sceso. Fino a ieri.

Se volessimo fare un confronto fra l’attuale capitalizzazione (circa 770M$) e quella di un’altra recente IPO che ha simili rapporti con Celgene, ossia Agios (AGIO), OncoMed sembra fin troppo capitalizzata. Se invece prendiamo una IPO meno recente come Verastem (VSTM), anch’essa concentrata sul trattamento delle CSC con un partner come Asyellas (per il programma reativo al Wnt pathway) la capitalizzazione di OncoMed è più che doppia.

Da qui a gennaio (o ad ASCO14) però, è lecito sognare che un motivo valido che spieghi queste differenze ci sia.