Ho poco tempo e tanto di cui parlare, quindi riassumo brevemente la questione Exelixis (EXEL) al momento. Dopo il fallimento di COMET-1, esito sfortunatamente previsto nel risultato ma rispetto al quale non sono stato sufficientemente accurato nel calcolo delle tempistiche del rilascio dei dati, Exelixis si trova ad avere nel breve periodo alcuni eventi di particolare interesse. Da qui alla fine dell’anno avremo i dati finali di COMET-2 e quelli di EXAM, per quanto riguarda Cometriq, mentre il 29 settembre a Madrid Roche illustrerà i dati della fase 3 CoBRIM, studio del quale si conosce già l’esito (positivo) ma che ancora non è stato valutato nei confronti della concorrenza. Di CoBRIM, nel dettaglio, occorre sapere quanto la terapia basata sulla combinazione di Cobimetinib e Zelboraf sia superiore a quella costituita da Mekinist e Tafinlar, farmaci sviluppati da GSK ed ora di proprietà di Novartis. Questo, ovviamente, ammesso che la combo di Roche sia superiore.

Ora, come se l a questione non fosse abbastanza complicata, sapete che la combo Mekinist/Tafinlar è stata ceduta da GSK a Novartis, la quale ha già una proprio combo BRAF/MEKi in sperimentazione costituita da MEK162 (sviluppato da Array BioPharma) e LGX818. Allo stato attuale delle 3 combo l’unica approvata è quella di GSK/Novartis, ma solo negli USA, visto che la domanda in Europa è stata ritirata pochi mesi fa a seguito dei non esaltanti dati di una delle fasi 3 in corso. Tralasciando una sperimentazione per l’uso adiuvante della combinazione, due sono gli studi confermativi in corso, uno nel quale la combo è testata contro il dolo Tafilnar (COMBI-d, ossia vs dabrafenib) ed una contro Zelboraf (COMBI-v, ossia versus Vemurafenib). COMBI-d ha tradito le attese ed ha causato il ritiro della domanda di commercializzazione in Europa, COMBI-v, proprio per complicare ancor di più la vicenda, ha mostrato un tale vantaggio in termini di sopravvivenza fra i pazienti della combo rispetto a quelli del controllo, da essere fermato prima per efficacia.

In mezzo a tutto questo si deve incastrare CoBRIM. In che modo?

Sappiamo che l’endpoint primario è stato raggiunto, ossia c’è un vantaggio in termini di PFS rispetto al controllo, ma perché ci si senta autorizzato a credere che questo si tradurrà anche in un vantaggio importante in termini di sopravvivenza occorre che il divario rispetto al controllo sia sostanzioso.

Vediamo come Tafinlar  e Mekinst sono giunti all’approvazione in USA e con quali numeri.

In fase I/II Tafinlar e Mekinist combinati hanno prodotto un vantaggio in termini di PFS significativo nei due dosaggi impiegati, ossia 9.4 e 9.2 mesi per il dosaggio maggiore e quello minore, rispetto ad un controllo (costituito dal solo Tafinlar di 5.8 mesi. In fase 3, ossia nello studio COMBI-d, la combo si è comportata allo stesso modo registrando una PFS di 9,3 mesi, ma  il controllo con Tafinlar ha fatto registrare la sorprendente cifra di 8.8 mesi, per un sempre rispettabile HR di 0,75.

Stando a queste cifre, la combo funziona meglio della mono-terapia? Statisticamente parlando, si, clinicamente parlando la giuria è ancora in fase di consulta. Per quanto mi riguarda, la risposta è si, probabilmente meno di quanto si pensasse all’inizio, però. Tafinlar da solo (BREAK3), in fase 3, in fase I/II e nello studio COMBI-d ha ottenuto un tasso di risposta attorno al 50% , la PFS esagerata in fase 3 sembra più artificiale, dovuta ad una serie di fattori indipendenti dalla validità del farmaco e più che altro frutto della conduzione dello studio. Inoltre, dal punto di vista della tollerabilità, la combo ha presentato maggior incidenza di febbre e brividi, eventi facilmente gestibili, ed una minor incidenza di tumori della pelle. A mettere poi il punto esclamativo ci pensa COMBI-v, del quale non abbiamo ancora i dati ma del quale sappiamo  che è stato arrestato anticipatamente, avendo dimostrato un aumento della sopravvivenza tale da raggiungere il livello necessario per dimostrare l’efficacia della terapia oltre ogni dubbio.

La combo ex GSK è stata approvata in USA sulla base di uno studio open label e con un disegno che prevedeva il cross-over da un regime all’altro, quindi il dato finale riguardo la sopravvivenza non solo non è stato significativo dal punto di vista statistico, ma è poco utile anche come termine di paragone. Tasso di risposta e PFS della combo sono rimaste pressoché invariate dalla fase I/II a COMBI-d, quindi ritengo che tali cifre siano da considerarsi reali e primo metro di giudizio per valutare CoBRIM.

Vediamo come si è arrivati a CoBRIM, ora.

Roche ha condotto una fase 1b chiamata BRIM7 nella quale Zelboraf (a rischio perdita di quote di mercato) è stato accoppiato al MEK inibitore di Exelixis Cobimetinib. I primi risultati sono stati così incoraggianti da spingere Roche ad andare in fase 3 (la famosa CoBRIM) e completarla in tempi decisamente ridotti, comunicando il raggiungimento dell’endpoint primario (la PFS) ed annunciando maggiori dettagli per ESMO14.

Lo scorso maggio Roche ha presentato i dati finali di BRIM7 all’EADO14. In soggetti naive a BRAFi, cioè la popolazione di CoBRIM, la combinazione di Cobimetinib e Zelboraf ha permesso di ottenere una PFS di 13,7 mesi con un tasso di risposta dell’87% che, contando anche le stabilizzazioni della malattia porta ad un taso di controllo del 97%. Il dato, tra parentesi, si riferisce a tutti i soggetti arruolati, mentre solo 39 hanno ricevuto i due farmaci nel dosaggio massimo, quello impiegato nella fase 3, Zelboraf a 960mg e Cobimetinib a 60mg.

Se ci limitassimo a confrontare i dati dei due studi precedenti le rispettive fasi registrative, BRIM7 ne uscirebbe decisamente vincitore in termini di PFS (13,7 vs 9,4) e di ORR (87% vs 76%) rispetto alla fase I/II di GSK. A dirla tutta, questi numeri sono anche migliori di quelli ricavati da COMBI-d, tuttavia manca un controllo. Sappiamo che CoBRIM ha centrato l’endpoint primario dello studio, ossia il vantaggio in termini di PFS e sappiamo che i valori fatti registrare in BRIM7 sono elevati, paragonati al trattamento di GSK, ma possiamo escludere che in CoBRIM si verifichi una risposta eccezionale del gruppo placebo?

In COMBI-d, probabilmente, ad una risposta così elevata del controllo si è giunti a causa dell’impiego più aggressivo di Tafinlar, in mancanza di una possibilità di cross-over. A questo va aggiunto il fatto che è normale che i medici utilizzino sempre meglio i farmaci, man mano che la pratica rende possibile il perfezionamento nella somministrazione della terapia. Fatte queste considerazioni la risposta è: si, è possibile che il controllo di CoBRIM faccia meglio. Questo, tuttavia, è un rischio che solo in parte può creare problemi visto che difficilmente si assisterà alla debacle vista in COMBI-d. Io credo che il punto ora sia stabilire il valore assoluto della terapia e che confrontare CoBRIM e COMBI-d si possa fare a patto di chiarire un punto: i controlli sono diversi. Detto in soldoni, sono convinto che Zelboraf sia superiore a Tafinlar, quindi reputo normale che in CoBRIM il compito della combo sia più difficile da completare, quindi tendo ad attribuire maggior peso alla differenza della terapia di Roche rispetto al controllo.

Perché Zelboraf è più efficace di Tafinlar? I due farmaci sono stati approvati sulla scorta di due studi in fase 3 chiamati BRIM3 e BREAK3  per Zelboraf e Tafinlar rispettivamente. BRIM3, al netto di cross-over, ha mostrato un beneficio dalla somministrazione del farmaco di Roche rispetto alla dacarbazina espresso con un HR di 0,26; frutto di una PFS del braccio attivo di 5,32 mesi vs 1,61 mesi per il controllo. Per quanto riguarda gli endpoint secondari il tasso di risposta è stato del 48% contro il 6% del controllo e l’HR per la sopravvivenza è stato di 0,37, prima che i pazienti iniziassero il cross-over. A dicembre 2012 con il 24% dei pazienti che ha cambiato terapia, l’HR per la sopravvivenza è risultato 0,78 mentre, a febbraio 2012, l’HR per la PFS è stato di 0,38 con una PFS mediana di 6,87 per Zelboraf vs 1,61 mesi per il controllo.

Ad ASCO 2013 GSK ha aggiornato i dati di BREAK3, riportando un HR per la OS di 0,76, dopo che più della metà dei pazienti del controllo si è spostata nel braccio attivo, ed un HR per la PFS di 0,37. Nel dettaglio, la OS del gruppo attivo è risultata essere di 18,2 mesi contro i 15,6 del controllo, mentre la PFS è risultata di 6,9 mesi vs 2,7 per il controllo. Ora, l’hazard ratio di Zelboraf e quello di Tafinlar sono paragonabili, tuttavia al netto del crossover e tenendo conto del valore del controllo Zelboraf sembra più efficace ed in una popolazione generalmente più malata. Anche per quanto riguarda la sopravvivenza globale, al cut-off di dicembre 2012 Zelboraf segnava 13,6 mesi contro 9,7 del controllo (McArthur et al Lancet Oncology 2014), ossia 3,9 mesi di vantaggio contro i 2,6 fatti registrare da Tafinlar in BREAK3 e, avendo sempre una OS del controllo più bassa, anche in questo caso è lecito assumere che la popolazione di BRIM3 fosse generalmente più malata.

Riassumendo, i dati a disposizione mi fanno ipotizzare che Zelboraf sia superiore a Tafinlar e che la combo di Roche sia superiore rispetto a quella di GSK/Novartis. Dove stanno le insidie?

Tafinlar e Mekinist, assieme, sono già approvati, la combo di Roche no. Tafinlar ( e potenzialmente Mekinist) sembra poter coesistere con Yervoy, Zelboraf no. La combo di GSK ha da la sua il fattore tempo ed una quota di mercato che si sta consolidando, quella di Roche no. Il rovescio della medaglia?

Tafinlar e Mekinist non sono approvati in Europa, Roche potrebbe quindi arrivare prima. Zelboraf, in mono-terapia, è ampiamente conosciuto dalla comunità medica, se funzionasse bene anche in combinazione, pochi penserebbero di rivolgersi altrove per pazienti con mutazione BRAF.  Zelboraf non potrà coesistere con Yervoy, ma Cobimetinib è già in fase di sperimentazione per una combo con l’anti PDL1 di Roche MPDL3280A, non si tratta di melanoma, ma di tumori solidi in generale, fra i quali anche il melanoma). L’impiego di un anti-PDL1 ha senso soprattutto laddove si presenta una resistenza ai BRAFi come Zelboraf, dato che in quei soggetti si ha una aumentata espressione del ligando PDL1 nelle cellule tumorali.

Ci sono ancora due aspetti che trovo interessanti della combo di Roche. Tanto per iniziare, un possibile biomarker per determinare la risposta iniziale al trattamento sembra già disponibile nella tomografia ad emissione di positroni con Fluoro-desossi-glucosio (FDG-PET). Questo fattore non è da trascurare, potrebbe fare la differenza su quale opzione scegliere anche in una condizione di non evidente superiorità di un trattamento rispetto all’altro.

Secondo aspetto: COMBI-d ha messo in luce un aspetto che potrebbe passare inosservato, ma dai dati diffusi da GSK appare che la durata delle risposte sia superiore per Tafinlar rispetto alla combo. Chiaramente interessa poco il tasso di risposta o la durata, se confrontate alla sopravvivenza del paziente, ma in un quadro poco chiaro o, per meglio dire, non completamente definito, aggiungere altro fumo non aiuta a guardare lontano.

CoBRIM deve dimostrare che la combo di Roche può differenziarsi da quella di Novartis/GSK ed ha ottime possibilità di farlo sulla base dell’efficacia. Il profilo di sicurezza sembra essere, in base a quanto ha affermato la stessa Roche, in linea con quello osservato in precedenza:

 

Roche (SIX: RO, ROG; OTCQX: RHHBY) announced today that the Phase III coBRIM study met its primary endpoint. The study demonstrated that the investigational MEK inhibitor cobimetinib, used in combination with Roche’s BRAF inhibitor Zelboraf, helped patients with previously untreated BRAF V600 mutation-positive advanced melanoma live significantly longer without their disease worsening (progression-free survival; PFS) compared to Zelboraf alone.1 Adverse events were consistent with those observed in a previous study of the combination.

 

Gli eventi avversi di BRIM7 sono stati diarrea (64%), rash non acneiforme (60%), fatigue (48%), nausea (45%), alterazione della funzionalità epatica (40%) e fotosensibilità (40%). Gli eventi più seri, quelli di grado ≥3, sono stati alterazione della funzionalità epatica (11%), carcinoma cutaneo squamoso (9%), rash non acneiforme (8%), anemia (7%), dolore alle giunture (6%), fatigue (5%) e diarrea (5%). Questo è il bilancio complessivo, che comprende tutti i pazienti dello studio, ossia pazienti naive e pazienti precedentemente trattati con Zelboraf.La frequenza e la gravità degli eventi è stata maggiore nel gruppo dei pazienti naive, dato che in quello dei precedentemente trattati prevedeva un dosaggio inferiore o uguale a quello tollerato nella linea terapeutica precedente.

Sia nel caso di Cobimetinib/Zelboraf che in quello di Tafinlar/Mekinist gli eventi avversi, in rapporto alla malattia da trattare, sono accettabili. A voler essere cavillosi, la combo di GSK sembra più facilmente gestibile, visto che l’evento avverso più comune è la piressia, quindi non certo una minaccia di particolare entità.

 

Dal punto di vista degli investitori (di Exelixis).

Dopo il fallimento di COMET-1, Exelixis ha qualche cartuccia da sparare, nel brevissimo periodo. In attesa che le altre fasi registrative vadano a concludersi, nel 2014 rimangono alcuni appuntamenti mediamente importanti, ma nessuno di impatto maggiore rispetto a quello che potrebbe essere un convincente esito di CoBRIM presentato il 29 settembre all’ESMO14.

Cosa si intende per convincente? In mancanza di dati sulla OS credo che Roche debba presentare una PFS simile a quella di CoBRIM (circa 13 mesi) per la combo ed una in linea con quella che l’esperienza indica essere la PFS di Zelboraf, cioè circa 6 mesi. In realtà cedo che il dato più importante in prima battuta sia quello della combo, indipendentemente dal dato del controllo. Se Zelboraf più placebo dovesse performare meglio del previsto, arrivando anche a 9 mesi, finché la combo registrerà 13 mesi il vantaggio sarebbe indiscutibile. Che Zelboraf possa fare meglio di quanto riporti la letteratura è un rischio reale. CoBRIM, a differenza di COMBI-v ad esempio, non permette cross-over di pazienti da un trattamento all’altro, il che potrebbe causare un uso più aggressivo di Zelboraf. Il rovescio della medaglia è che senza cross-over i dato relativo alla OS che avremo (immagino nel 2015) sarà più interpretabile rispetto a quello di COMBI-vm che sarà viziato dai pazienti passati dal braccio di controllo a quello attivo, evento che abbasserà l’hazard ratio.

Se i dati della PFS fossero quelli che vi sto proponendo ora (13 mesi), Roche avrebbe un vantaggio rispetto a GSK/Novartis di circa 3 mesi in termini di PFS, sufficienti per poter affermare di aver in mano la combo migliore. Ad ogni settimana in più rispetto a quella soglia, corrisponderebbero altrettanti chiodi da piantare nella bara di Mekinist/Tafinlar.

I 13 mesi per Roche ed Exelixis sono credibili e riproducibili?

BRIM7 è stato condotto su un numero tale di pazienti da farmi credere che il dato sia credibile, se non altro come ordine di grandezza. Il risultato è frutto di due dosaggi  differenti, uno dei quali inferiore rispetto a quello impiegato in CoBRIM, questo dovrebbe mitigare il fisiologico declino dovuto al fatto che la fase 3 è in doppio cieco, cosa che non si può dire di BRIM7, ma nemmeno di COMBI-d.

Come ricorderete ho venduto metà della posizione in Exelixis prima dei dati di COMET-1, stante la preoccupazione (poi rivelatasi fondata) che lo studio non avesse la necessaria potenza per dimostrare un vantaggio in termini di OS.  Avrei dovuto vendere tutto, ma non l’ho fatto poiché pensavo di poter sfruttare ESMO14 prima di tagliare i ponti con Exelixis ma come ben sapete non è andata così. Ho mediato le rimanenti ed intendo portare avanti questa posizione fino a arrivare alle porte di ESMO, poi deciderò con quanto rischiare l’attraversamento, cavalcando le onde di CoBRIM.

 

 

 

 

MEK BRAF its all about the pathway stupid