Sto seriamente valutando di implementare il portafoglio virtuale per includere titoli del vecchio continente, principalmente quelli quotati in Euro. Ho già in mente qualche titolo da includere, non mi è chiaro come organizzarlo e l’entità della cifra da destinare allo scopo, quindi non mostratevi eccessivamente colpiti se dovessi promuovere un sondaggio in tal senso.

Veniamo a noi. Se c’è una cosa sulla quale non vale nemmeno la pena di cominciare a discutere è su cosa sia stato più interessante ad ASCO finora, la risposta è scontata: immunoterapia. Bristol-Myers Squibb (BMS) ha presentato dati imponenti di nivolumab per la seconda edizione dell’American Society of Clinical Oncology consecutiva, in questo caso piazzando la zampata vincente nel trattamento del melanoma in combinazione con il futuro (non troppo lontano) blockbuster ipilimumab. Ho già avuto modo di dirvi sia che Bristol-Myers Squibb è partner della francese Innate Pharma, sia che nivolumab si trova attualmente in sperimentazione con un numero ridottissimo di anticorpi, fra cui Lirilumab, della già citata Innate Pharma. Continuo a rinfrescare la memoria di chi ha letto gli articoli precedenti. L’accordo fra BMS ed Innate Pharma è il più ricco mai realizzato da una biotech francese e si fonda sullo sviluppo di anticorpi tesi a stimolare le difese immunitarie innate dell’organismo. Lirilumab  si trova attualmente in fase 1 sia con ipilimumab che con nivolumab, in due studi simili e piuttosto interessanti anche dal punto di vista del numero di pazienti da arruolare, sia in fase 2 in monoterapia in pazienti con leucemia mieloide acuta, come mantenimento. Nella tabella qui sotto trovate i dettagli salienti degli studi:

 

innate pharma lirimumab

 

Prima differenza fondamentale, lo studio in mono-terapia è in doppio cieco ed è condotto da Innate Pharma, quelli nei quali Lirilumab è utilizzato in combinazione sono open label e condotti direttamente da Bristol-Myers Squibb. Se pensate che le tempistiche siano troppo lunghe, lasciate che vi dica una cosa, quando uno studio è in aperto il concetto di tempo è relativo. BMS condurrà gli studi con lirilumab in due fasi, una prima volta a determinare il dosaggio migliore dell’anticorpo anti-KIR di Innate Pharma, la seconda sarà una fase in cui sarà condotta l’espansione delle coorti con l’arruolamento di pazienti con tumori ben precisi. In tutti e due i casi, anche se la prima parte è incentrata su altri scopi, verrà determinata l’efficacia dei farmaci. In poche parole, se nella prima parte lo scopo è capire a che dosaggio conviene continuare lo studio, ciò non toglie che i pazienti verranno seguiti per determinare il livello delle risposte. La fase 2 condotta da Innate Pharma invece è in doppio cieco, il che significa che salvo sciagure conosceremo i dati solo al termine dello studio, ma questo aspetto non è di particolare importanza al momento. Altro motivo per cui l’orizzonte temporale non deve essere una preoccupazione è che Innate Pharma ha cassa sufficiente per arrivare al 2015 senza dover metter mano alla tipografia, stampando nuove azioni. A marzo 2013 l’azienda aveva in cassa la bellezza di 28 milioni di euro e tenendo conto del fatto che lo sviluppo delle due fasi 1 è a carico di BMS (diversamente da quanto accade per la fase 2) al momento non ci sono impellenti motivi per finanziare ulteriormente la compagnia.

 

I frutti dell’albero Medarex danno ancora da mangiare a BMS.

Anni fa Bristol-Myers Squibb sborsò la non indifferente cifra di 2,1 miliardi di dollari per acquisire Medarex. A quei tempi poteva sembrare una follia, ma se guardiamo l’acquisizione oggi possiamo dire senza temere di essere smentiti che quella mossa ha condotto BMS divenire il leader nel campo dell’immunologia nel trattamento del cancro. Con Innate Pharma hanno fatto qualcosa di leggermente diverso, procedendo attraverso un accordo, mossa in parte dovuta al fatto che la compagnia francese ha un altro partner di notevole peso: Novo Nordisk. La compagnia danese ha ben più di un piede piantato in Innate Pharma, essendo sia partner attraverso IPH2201, sia azionista di particolare importanza, avendo quasi il 15% delle quote. Innate Pharma e Novo Nordisk sono attualmente impegnate in una fase 1 finanziata da moneta danese e mirata ad investigare l’efficacia di IPH 2201, un anticorpo anti-NKG2A, nel trattamento dell’artrite reumatoide. Il mercato in questo caso è estremamente vasto e i dati dello studio saranno disponibili ad inizio 2014, aggiungendo un’altro evento potenzialmente binario al già interessante calendario della compagnia nel medio lungo termine. In questo caso lo studio ha arruolato già i pazienti previsti (84, anche se clinicaltrials.gov ne cita 92, in ogni caso un numero già interessante) e li ha randomizzati a ricevere il farmaco di Innate Pharma sia per via endovenosa che sottocutanea sia con singolo dosaggio che con dosaggio multiplo. L’endpoint primario riguarda la sicurezza e la tollerabilità del farmaco, ma sarà già possibile dare delle indicazioni anche riguardo l’efficacia.

innate pharma azionisti

Come si vede dal grafico, Novo Nordisk è azionista di Innate Pharma. (Fonte: Innate Pharma)

 

Tornando a Medarex, come dicevo prima, si può giustamente considerare l’acquisto nel 2009 come una mossa decisamente azzeccata. Il mercato dell’immunologia in ambito oncologico è stimato in un range che va dai 10 a 20 miliardi di dollari e già da quest’anno BMS comincerà a raccogliere i frutti milionari di Ipilimumab, al secolo Yervoy. La situazione andrà sempre migliorando visto i dati presentati ad ASCO riguardo la combinazione tra l’anti-CTLA4 e l’anti-PD-1 nel trattamento del melanoma avanzato in base ai quali circa un paziente su 3 ha sperimentato un’elevata regressione del tumore e, cosa secondo me ancor più interessante, in modo notevolmente più veloce rispetto all’impiego di Ipilimumab o Nivolumab presi singolarmente. L’idea che combinare diversi immunoterapici produca risultati migliori sia in termini di quantità, qualità e velocità delle risposte è affascinante. BMS da questo punto di vista, sempre principalmente grazie a Medarex, è in una posizione decisamente invidiabile. Sia perché la concorrenza è costretta a correre (Merck e Roche in testa), sia perché oltre i progetti interni (oltre ai già citati anticorpi c’è un anti-CD137 in fase di sviluppo nel trattamento del linfoma non Hodgkin (NHL)) può contare sulla collaborazione con Innate Pharma.

Sia Ipilimumab che Nivolumab hanno meccanismi d’azione simili, bloccando questi percorsi che impediscono al sistema immunitario di funzionare correttamente e di aggredire le cellule tumorali. Nei modelli animali BMS si è accorta che l’uso in combinazione era preferibile rispetto ai singoli trattamenti, molto probabilmente in funzione dell’intervento su due differenti pathway, il che rende più complicato per le cellule tumorali trovare una via di scampo. Il risultato è stata una fase 1 con 86 pazienti valutabili presentata ad ASCO. Lo studio è stato diviso in due, come nel caso di quelli già citati che coinvolgono Innate Pharma: una prima parte per trovare il dosaggio migliore e poi una seconda per testare l’efficacia. Il 65% dei pazienti valutabili ha ottenuto un controllo della malattia ed il 90% di chi ha sperimentato una risposta ha continuato a farlo al cut-off per le analisi allo scorso febbraio. Entro fine anno inizierà la fase 3 che vedrà i due anticorpi impiegati congiuntamente e ad ASCO verrà portato anche un’interessante studio sui biomarker improntato a delucidare i meccanismi di resistenza che intervengono nell’impiego dei due farmaci singolarmente.

Innate Pharma sarà anch’essa presente ad ASCO, ma con poster meno significativi, al momento. L’impiego assieme ai due prodotti di BMS deve essere osservato con particolare interesse, visto che gli studi sono condotti dal numero uno in ambito immunologico, se parliamo di oncologia. La decisione di portare nivolumab e ipilimumab è sorta dopo aver osservato i dati in modelli animali, nulla ci vieta di ipotizzare che qualcosa di decisamente positivo si sia visto anche impiegando lirilumab, visto che dal punto di vista concettuale la combinazione sembra poter offrire interessanti spunti.

KIR blockade

Il meccanismo d’azione di lirilumab. (fonte: Innate Pharma)

Lirilumab è un anticorpo anti-KIR, ossia un farmaco con un meccanismo d’azione assolutamente innovativo che mira a rinforzare le difese immunitarie innate dell’organismo del paziente. Il farmaco agisce modulando l’attività delle cellule NK (Natural KIller) le quali a volte non riescono a svolgere il loro compito (cioè quello di uccidere elementi nocivi all’organismo) in quanto vengono ingannate utilizzando recettori inibitori (principalmente KIR e NKG2A). Innate Pharma con lirilumab punta ad attivare le cellule NK legandosi al recettore KIR, favorendo quindi la risposta nei confronti del patogeno e l’attacco alla cellula tumorale.

Innate Pharma ha recentemente presentato all’American Association for Cancer Research (AACR) dati preliminari dei due progetti attualmente in fase più precoce: IPH 33 e IPH 41. La compagni francese ha selezionato il candidato principale anti-TL3 in fase preclinica per il progetto legato alle malattie infiammatorie (IPH 33) mentre il KIR3DL2 per quanto riguarda il programma oncologico (IPH 41) dovrebbe essere selezionato entro la fine dell’anno. Il primo progetto è già in cerca di un partner, elemento che va ad aggiungersi alla lista degli aspetti positivi e dei possibili ingressi di capitale non diluitivo.

In conclusione Innate Pharma ha:

  1. cassa sufficiente fino al 2015
  2. BMS, numero uno del settore, come partner
  3. Novo Nordisk come azionista principale
  4. due programmi interni, di cui uno già in cerca di partner
  5. risultati in arrivo già ad inizio 2014

Chissà se un giorno, parlando di  BMS si potrà dire di Innate Pharma quello che oggi diciamo per Medarex…