Questa è la notizia che ha scosso ImmunoGen (IMGN) uno dei colossi, assieme a Seattle Genetics (SGEN), in termini di tecnologia antibody drug conjugate  o ADC, le bombe intelligenti di cui tanto si parla ultimamente in onco/ematologia:

ImmunoGen, Inc. (Nasdaq: IMGN)[…]  announced today the decision to stop the IMGN901 Phase II SCLC study, following the recommendation of the trial’s independent Data Monitoring Committee (DMC). ImmunoGen is in the process of updating study investigators and regulatory authorities. IMGN901 is a CD56-targeting ADC. Based on analysis of available data, the DMC concluded that the addition of IMGN901 to etoposide/carboplatin (E/C) was unlikely to demonstrate a sufficient improvement in progression-free survival compared to E/C alone to justify continuation of the trial. As an imbalance in the rate of infection and infection-related deaths was noted between the arms, the DMC recommended that all patients discontinue IMGN901 treatment. Infection-related death is a recognized risk in SCLC trials, including trials with E/C. Among the 198 patients receiving IMGN901 as a single agent in early trials, there was one incidence of infection-related death; it was deemed possibly drug related. “This is clearly a disappointing outcome, as there is a tremendous need for new treatment options for SCLC,” commented Dr. Charles Morris, ImmunoGen EVP and Chief Development Officer. “We will be analyzing the findings to date in this trial as part of assessing potential next steps for IMGN901.”

Immunogen ha iniziato trials per 3 composti dei quali possiede interamente i diritti, 7 sono in fase di sviluppo attraverso molteplici partner ed uno è già un successo commerciale: Kadcyla. Come per Curis (CRIS) con Erivedge, l’accordo stipulato con Roche per Kadcyla non è dei più favorevoli, da qui la necessità di far avanzare programmi propri verso il commercio per raggiungere un certo grado di indipendenza. Per certi versi, possiamo accomunare ImmunoGen a compagnie come Array (ARRY) od Exelixis (EXEL), molti partner che garantiscono un flusso di danaro legato a royalties e milestones e qualche progetto da perseguire per conto proprio.

Immunogen IMGN graficoImmunoGen ha ricevuto ieri un primo stop, IMGN 901 non funziona ed è tossico, detto in soldoni. Il motivo del termine della fase 2 chiamata NORTH che vedeva il farmaco dosato assieme a carboplatino ed a etoposide in pazienti con tumore al polmone a piccole cellule (SCLC) è sia legato all’efficacia, dato che non sarebbe riuscita a determinare un vantaggio in termini di progressione libera da malattia per il braccio attivo, sia legato ad uno squilibrio preoccupante legato alle morti dovute ad infezione che si stavano manifestando principalmente nel braccio di IMGN 901.

Già lo scorso aprile ImmunoGen aveva anticipato che una prima analisi della tollerabilità del farmaco nello studio NORTH aveva mostrato segni di squilibrio in termini di neuropatia periferica che avevano richiesto un cambio nel protocollo dello studio, facendo si che la dose di ingresso nel trial fosse abbassata, così come la riduzione del dosaggio a seguire nel caso di bisogno venisse maggiormente praticata. Il risultato, lo apprendiamo ora, è che l’efficacia ne ha risentito (e fin qui ci siamo) ma la sicurezza non ha beneficiato in alcun modo dell’intervento. Il problema si è semplicemente spostato da un versante della tossicità ad un altro.

Ma i problemi non finiscono certo qui, dato che il discorso può essere esteso anche ad altri farmaci della pipeline. Anche qui, lo scorso agosto, la compagnia ha ammesso che problemi di vista avevano richiesto l’abbassamento del dosaggio di IMGN 853, ADC sperimentato nel trattamento del carcinoma ovarico e per il quale è stata pianificata l’espansione di un gruppo a partire da questi mesi. Anche per IMGN 529 si sono verificati problemi di sicurezza legati, tra l’altro, ad un dosaggio alquanto basso. In questo caso parliamo di un anticorpo anti-CD37 impiegato in pazienti con linfoma non-Hodgkin recidivo/refrattario attualmente in fase 1. Si tratta quindi degli albori della sperimentazione, fase nella quale la componente determinante è verificare la tollerabilità del farmaco, prima ancora che la sua efficacia.
Considerando che i risultati dell’impiego di questi due farmaci si avranno presumibilmente nel 2014 e che saranno minati da dosaggi inferiori a quelli inizialmente pianificati, questa porzione di pipeline rappresenta un enorme rischio per gli investitori. Ma la notizia di ieri e le considerazioni che ho appena esposto giustificano il calo del 19% avvenuto ieri? In altri termini, si è creato un punto di ingresso?

Premetto di non essere mai stato un accanito ammiratore della compagnia in quanto fatico a trovare un reale valore nella pipeline (escluse le royalties per Kadcyla) così come non lo sono nemmeno di Seattle Genetics, ma più che altro per la elevata capitalizzazione, c’è qualcosa che non torna nel tipo di tecnologia impiegata da ImmunoGen. Nel campo degli anticorpi coniugati ad agenti citotossici (gli ADC) la parte del leone la fa Seattle Genetics, visto che a spanne 1 ADC su 2 si basa sula loro tecnologia contro il 30% circa della quota appartenente a ImmunoGen. La presunta superiorità della tecnologia di Seattle Genetics è in parte spiegata (anche a detta loro) dalla maggior stabilità del linker, ossia di quella porzione di farmaco che tiene assieme anticorpo e farmaco. Una minor stabilità, come nel caso di ImmunoGen, ha come diretta concorrenza il fatto che si verifichino problemi di tossicità. Il punto di forza degli ADC è, o forse sarebbe meglio dire “dovrebbe essere”, la selettività. Dovrebbero essere bombe intelligenti. L’anticorpo individua il tumore e sgancia il farmaco (che impiegato da solo sarebbe troppo tossico per il paziente) solo su di esso attraverso la rottura del legame creato dal linker. Se il farmaco è tossico sono varie le possibilità, a cominciare dal fatto che l’anticorpo non sia così selettivo o che non lo sia il bersaglio oppure ancora che il linker non sia stabile e che il farmaco venga rilasciato anche dove non ce ne sarebbe bisogno.

Per conto mio ImmunoGen ora vale praticamente solo per quanto incassa dalle partnership, in primis quella di Kadcyla. Quantificherei il tutto sotto il miliardo di capitalizzazione, quindi ad una quota vicina ai 10,5$. Si tratta di una stima approssimativa, ma a quei livelli si comincia a ragionare in termini di upside, ossia i progetti interni ai quali ora non sembra saggio attribuire nemmeno il minimo valore diventano fonte di potenziale salita in caso di insperate buone notizie. Altro aspetto interessante potrebbe essere il fatto che l’aver deciso di terminare la sperimentazione di IMGN 901 da un taglio notevole alle spese, visto che per decidere il futuro del farmaco sarebbe comunque stato necessario attendere dati maturi sulla sopravvivenza e non solo quelli legati alla progressione libera da malattia, il che avrebbe spinto la compagnia a continuare lo studio per tempi decisamente lunghi (presumibilmente, visto che sappiamo non esserci nessun vantaggio in termini di PFS, saremmo arrivati a fine 2014).

ImmunoGen, ed ora?

L’aspetto più interessante al momento è il lancio di Kadcyla sul mercato europeo e giapponese. Da noi il CHMP si è già espresso favorevolmente e le premesse per un successo economico ci sono tutte. ImmunoGen ne beneficerà in termini di royalties, come per gli USA. In ottica di investimento long ImmunoGen potrebbe essere interessante in previsione dei dati dello studio MARIANNE, fase 3 che vede il farmaco assieme a parjeta (il principale concorrente al momento) impiegato su pazienti affetti da cancro al seno metastatico in prima linea di trattamento.

Per quanto riguarda il resto della pipeline, nello stesso giorno nel quale naufragava il progetto  IMGN 901 veniva annunciato l’inizio  del afase 1 di IMGN 289, ADC con target EGFR. I pazienti ai quali verrà somministrato il farmaco saranno affetti da tumore al polmone non a piccole cellule (NSCLC) e carcinoma squamoso della testa e del collo (SCCHN) oltre ad altri tumori solidi che esprimano EGFR. Lo scopo della prima fase è quello di trovare il dosaggio massimo per la prosecuzione dei trial (stavolta immagino avranno gli incubi al solo pensiero che qualcosa vada storto), poi si passerà ad una fase di espansione nei gruppi che verranno selezionati. Come dicevo prima, poco l’entusiasmo anche per questo nuovo farmaco, anche se un eventuale risultato positivo dovesse emergere (in particolare fra i soggetti resistenti a precedenti terapie anti EGFR) la concorrenza si sta facendo piuttosto agguerrita.

Uno dei progetti più interessanti (problemi di tossicità a parte) è IMGN 853. Si tratta di un ADC che ha come bersaglio i recettori del folato, approccio validato recentemente da Endocyte (ECYT), compagnia della quale vi ho già parlato in passato. Il farmaco è pronto per la fase di espansione per pazienti con carcinoma ovarico platino resistente e recidivo/refrattario oltre che per soggetti con carcinoma polmonare recidivo/refrattario.

Sebbene Endocyte sia già in fase di richiesta di approvazione in Europa, un esito negativo in tal senso riequilibrerebbe la corsa. Vintafolide, questo il nome del farmaco di Endocyte in collaborazione con Merck, attende un giudizio per fine anno o inizio 2013 da parte del CHMP, il comitato di esperti che esprime pareri in merito all’approvazione di farmaci nel nostro continente. sebbene Vintafolide sia a mio avviso estremamente efficace nei pazienti con alta espressione di recettori per il folato, non ricordo casi di approvazioni basate so sottoinsiemi di pazienti all’interno di uno studio clinico. Per capirci, qui si tratta di una approvazione accelerata basata su una parte di fase 2, non su quelli di una fase 2 con pazienti scelti in base al biomarker. Ci sono quindi elevate possibilità che il CHMP non conceda il suo benestare, chiedendo che venga condotto uno studio (non necessariamente una fase 3) solo su quei pazienti ai quali in farmaco sarebbe destinato. in questo caso il gap con ImmunoGen sarebbe ridotto e la sfida più equilibrata, fermo restando che IMGN 853 dovrà dimostrare di essere più efficace. O meno tossico, ma viste le premesse, su questo ultimo aspetto non c’è da stare troppo tranquilli.