Ogni 26 dicembre, in cantina a casa mia, si svolge un tour de force gastronomico con parenti che comprende un immancabile siparietto nel quale, dopo aver trincato come giusto, mi affanno a convincere un cugino di mia moglie a vedere i classici degli anni 80. Anni 80 o limitrofi, perché ad un certo punto faccio veramente fatica a connettere. Ho iniziato dopo aver scoperto che non aveva mai visto “Una poltrona per due” e questo mi ha lasciato basito oltre ogni misura. Quindi, per riequilibrare il suo karma, in vista della prossima vita, ho iniziato ad istruirlo. Mi sono reso conto di aver tralasciato un cult, tuttavia, perciò mi ripropongo di colmare la lacuna il prossimo Santo Stefano con “Brewster’s Millions”, meglio conosciuto in Italia come “Chi più spende più guadagna”. Breve riassunto: un Richard Pryor in forma spaziale, riceve un’ingente eredità, ma per entrarne in possesso deve dilapidare una certa somma di danaro in tot tempo, motivo per il quale ad un certo punto decide di entrare in poliica e coniare lo slogan più intelligente che abbia mai sentito in questo ambito: vota nessuno dei suddetti! Per la cronaca, “None of the above” è anche un bel pezzo dei Voivod.

Ora, prima di iniziare ad elencare chi ha comprato chi e se gli acquisti siano azzeccati o meno, lasciatemi dire che ho ricevuto una valanga di mail (alle quali pian piano sto rispondendo) legate al mio precedente articolo. Molte riguardano il portafoglio biotech, molte riguardano suggerimenti circa le compagnie da attenzionare, diverse riguardano offerte di collaborazione esoteriche, nessuna, e sottolineo nessuna candidatura da parte di qualche anima pia che mi aiuti con la statistica. Rinnovo qui a richiesta e vi invito a non essere timidi.

Celgene…

Celgene (CELG) mette mano al portafoglio ma non si lancia nel CAR-T, bensì va ad acquistare una poco famosa ma abbastanza famigerata Impact Biomedicines, compagnia privata che sta sviluppando fedratinib, JAK2 inibitore che tenta di ripercorrere le fastose gesta di Jakafi di Incyte (INCY). Per tutto questa manna Celgene sborsa $1.1B, con la possibilità che, a fronte di milestones su approvazioni e vendite, si arrivi alla cifra di $7B. Tanto per buttarla li, qualche anno fa Gilead (GILD) acquistò YM Biociences per $510M, dollaro più, dollaro meno. Sono certo che molti di voi ricordano quell’evento con gioia, perché si guadagnò piuttosto bene. Gilead probabilmente non la pensa così, perché momelotinib (il JAK inibitore al centro dell’acquisizione) è stato un fallimento, senza mezzi termini.

Ora, sapete delle condizioni di Celgene perché ne avete letto nella newsletter e non faticate a comprendere perché la compagnia abbia bisogno di assetti pronti a generare pecunia, ma la mossa fa storcere il naso a chiunque. Non cambia il mio giudizio complessivo sulla compagnia ma, andiamo, fedratinib? Il farmaco è stato uno dei maggiori fallimenti di Sanofi, poi resuscitato da Impact Biosciences con una intuizione al limite del soprannaturale.

Ad aggiungere pepe alla questione il fatto che Sanofi mise le mani sull’inibitore acquistando TargeGen per $650M. Padre putativo di fedratinib tale John Hood. Passano 3 anni e fedratinib fallisce, Sanofi passa la mano e chi raccoglie i cocci?  John Hood fonda Impact Biomedicines, rilancia fedratinib e vende, dopo non molto, di nuovo compagnia e fedratinib. Kudos a lui ed alla sua perseveranza che, ancora una volta, ha pagato.

Per Celgene probabilmente si tratta di un antipasto e nuovi acquisti arriveranno già nel 2018, ma fedratinib lascia perplessi. Non che non possa trovare una collocazione in base all’efficacia, però solleva più di qualche sopracciglio il profilo di tollerabilità, vera zavorra ai tempi di Sanofi a causa dell’insorgere di diversi casi di encefalopatia di Wernicke (WE per comodità), malattia legata a una carenza di tiamina.

Basandoci però su dati presentati allo scorso ASH17, su 670 pazienti arruolati nei trial che vedevano fedratinib protagonista, l’incidenza di encefalopatie è inferiore a quella che ci si potrebbe attendere ed i singoli casi evidenziatti in passato, messi sotto la lente di ingrandimento, mostrano una realtà che potrebbe essere meno funesta di quanto si possa pensare. Un caso di WE sarebbe legato a malnutrizione a causa del protrarsi di nauea e vomito, due soggetti con sospetta WE hanno recuperato senza che il dosaggio di fedratinib venisse modificato (suggerendo quindi che l’inibitore non influisse) mentre un soggetto non era ancora stato sottoposto al farmaco al tempo della diagnosi di WE. Messa in questi termini la mossa di Celgene rimane bizzarra, ma un filino meno rispetto all’inizio.

… ed Ablynx.

Storia diversa quella che vede Novo Nordisk (NVO) tentare non una, ma ben due volte di espugnare il bunker belga di Ablynx (ABLX), altra vecchia conoscenza di questo blog. Edwin Moses se ne sta asserragliato nel suo rifugio antiatomico in compagnia dei fidati lama e dice no anche a 28 euro ad azione in contanti oltre ad un CVR da 2.5 euro. Edwin crede che la sua carrozza trainata da camelidi valga di più ed il titolo ora quota attorno ai 35 euro. Io, non c’è bisogno di dirlo, l’offerta l’avrei accettata al volo, a meno di avere qualcosa d’altro in mano, qualcosa di concreto. Certo è che dopo il coming out di Novo, c’è molta pressione su Ablynx.

La compagnia belga può fornire, a chi fosse interessato, un assetto in fase molto avanzata come caplacizumab (che tra parentesi a Novo farebbe comodo vista la situazione in ambito “sangue ed i suoi derivati”, se mi passate il termine), una vera e propria piattaforma per la realizzazione di anticorpi, ed una pipeline sterminata, impreziosita da diverse collaborazioni di spicco. Chi può saperlo, magari Celgene avrà voglia di resuscitare anche vobarilizumab.

Il 5 gennaio affonda le CRISPR.

Mentre io mi sparavo 5oo km ascoltando il TTS dell’ebook reader che leggeva “Labirinto blu” di Preston & Child (siamo molto lontani da “Relic”, ma mi sono affezionato all’agente Pendergast) ed Edwin Moses incontrava di persona quelli di Novo, su bioRxiv compariva un articolo che ha creato non poco scompiglio fra le aziende quotate al Nasdaq con minimo comune denominatore CRISPR/Cas9.

Editas (EDIT) inaugurava la settimana passando da $33.5 a $27.5, per poi recuperare, Crispr Therapeutics (CRSP) da$26 a $24, anche lei poi andava a recuperare, Intellia Therapeutics (NTLA) da $22 a $18, poi idem come sopra. Motivo di tanta agitazione la solita controversia sul sistema di editing, la solita difesa a spada tratta degli executives delle companie e finale a tarallucci e vino.

In base a quanto affermato nell’articolo, nel corpo umano sarebbe molto diffusa una forma di risposta immunitaria che, questo lo ha aggiutno il mercato e qualche analista, potrebbe rendere inefficace una terapia basata su CRISPR/Cas9. Questa la versione breve; la versione XL è che alcuni ricercatori della Stanford University hanno analizzato campioni di sangue di adulti e bambini sani per valutare a loro risposta immunitaria all’enzima Cas9. Questo poiché le due forme di Cas9 più utilizzate derivano dallo Staphylococcus aureus e dallo Streptococcus pyogenes, batteri che causano infezioni piuttosto comuni, da qui l’interrogativo: il nostro corpo come potrebbe reagire a terapie nelle quali sono coinvolti enzimi che normalmente associa a nemici? La risposta è interessante visto che da quanto risulta il 79% campioni aveva anticorpi contro Cas9 da Staphlococcus aureus ed il 65 % ne aveva da Streptococcus pyogenes. Non solo, a quanto pare quasi la metà dei campioni provenienti da soggetti adulti (quindi con maggior esposizione ad infezioni) mostrava la presenza di cellule T predisposte a colpire la Cas9 da S. aureus, mentre la stessa cosa non avveniva per l’altro tipo di Cas9, quella proveniente da Streptococcus pyogenes.
L’articolo, ad onor del vero, non va oltre e non tenta di abbozzare una possibile conclusione che mini il lavoro di Editas, Intellia e soci, quindi la prima reazione del mercato sembra esagerata e tutto torna alla normalità, se di normalità si possa parlare. Se siete interessati ad investire in questo ambito, tuttavia, vi consiglio di mettere un bookmark su questo argomento, non si sa mai.

Watchtower.

Presto al posto della pagina del portafoglio biotech (che riposi in pace), troverete una watchlist con segnalazioni sui titoli, un possibile price target quando disponibile ed altre varie amenità. Essendo un megalomane la chiamerò WatchTower. Prima che me lo chiediate voi, ve lo dico io, non ha a che fare ne con i Testimoni di Geova ne con la serie di Dead Rising. Bah, si, forse un po’ con Dead Rising Watchtower si, visto che ci saranno anche compagnie vagamente “morte viventi”. Gli inserimenti verranno effettuati con le modalità di quello che fu il portafoglio biotech, ossia newsletter e, qualche volta, articolo sul blog o su SeekingAlpha.