Ieri Celldex (CLDX) ha lasciato sul campo un decimo della sua capitalizzazione a causa dei dati di Rindopepimut presentati al diciottesimo meeting della Society for Neuro-Oncology (SNO). Si tratta dei dati ad interim del vaccino anti-EGFRvIII nel trattamento di pazienti affetti da glioblastoma multiforme in combinazione con Avastin, sia in pazienti Avastin naïve che in pazienti refrattari all’anticorpo, secondo un disegno che può essere schematizzato nel modo seguente:

 

CLDX rindopepimut react avastin disegno studio

 

Lo studio ReACT vede sostanzialmente 3 gruppi di pazienti ai quali il farmaco di Celldex viene somministrato, nel primo gruppo ci sono i pazienti che non hanno mai subito trattamenti con avastin ed è un gruppo con randomizzazione 1 a 1 e braccio di controllo che ha lo scopo di determinare se l’aggiunta di Rindopepimut comporta dei benefici rispetto al solo Avastin. Il gruppo 2 invece è stato allargato dopo aver notato un vantaggio nei primi 25 pazienti refrattari ad Avastin e la società ha deciso di arruolare altri 75 pazienti. In questo caso non c’è un gruppo di controllo, tutti gli arruolati ricevono sia Avastin che Rindopepimut.

I dati presentati allo SNO sono relativi a tutti i pazienti originariamente inclusi nel secondo gruppo (Gruppo 2) ed a 40 pazienti del gruppo 1. Si tratta quindi di dati parziali. Prima di esaminarli, uno sguardo alle caratteristiche dei pazienti arruolati. Ho sottolineato, per quanto riguarda i pazienti del gruppo 1, i principali fattori che possono creare uno sbilanciamento dei dati. Quelli segnati in giallo sono elementi che giocano a sfavore del gruppo nel quale si trovano:

 

CLDX celldex reACT pazienti caratteristiche

 

Il gruppo 1 è costituito da due bracci tutto sommato omogenei, sebbene ci sia un leggero svantaggio per quello contenente Rndopepimut in termini di età media (tutti e 20 i pazienti esaminati hanno più di 50 anni contro il 75% del controllo) e di stato di salute generale in base al KPS (nessun 100% nel braccio di Rindopepimut ed il 75% di KPS fra 80 e 100 contro l’80% del controllo) mentre a sfavore del controllo (e quindi a beneficio di Rindopepimut) ci sono il tempo mediano dalla diagnosi ed il numero di precedenti recidive, dato che nel controllo la percentuale di chi ha sperimentato 2 recidive è doppia rispetto al braccio attivo.

Vediamo ora i dati, iniziando proprio dal gruppo 1 che, lo ricordo, non è quello che ha destato ottimismo l’estate appena trascorsa, tanto da allargare lo studio arruolando nuovi pazienti. Giusto come promemoria.

 

CLDX rindopepimut react gruppo 1 risultati ad interim

 

Anche qui mi sono permesso di sottolineare gli aspetti più importanti. Date uno sguardo a questa immagine, perché racchiude l’essenza dei vaccini antitumorali. ReACT ha come endpoint primario la Progressione libera da malattia (PFS) a 6 mesi, nei grafici invece vediamo la PFS (a sinistra) e la sopravvivenza (a destra). Ho sottolineato i valori di p che dimostrano quanto il vantaggio, sia per OS che per FS, non sia statisticamente significativo, ma anche il periodo di follow up decisamente breve, attorno ai 6 mesi sia per il braccio attivo che per il controllo. Il dato riguardo la PFS non sembra particolarmente impressionante, quello sulla sopravvivenza invece mostra già segni decisamente incoraggianti e la mancanza di significatività è in parte dovuta al numero esiguo di pazienti. Con un campione più grande, ossia con tutti e 75 i pazienti anziché solo con 40 e con un follow up più lungo, il dato potrebbe essere sensibilmente migliore.

Ciò che è in linea con quanto già sappiamo dei vaccini antitumorali è che anche in mancanza di segni evidenti di attività, quando misurati attraverso il tasso di risposta e la progressione libera da malattia, spesso si verifica un aumento della sopravvivenza. Anche in ReACT osserviamo questo, ma non solo. I primi dati sembrano confermare che i pazienti con espressione EGFRvIII hanno una prognosi più infausta e che una iniziale risposta anti-EGFRvIII sembra essere correlata ad una maggior sopravvivenza, dato che il tasso a 6 mesi di OS è del 100% contro il 64% dei non rispondenti (p value ancora non abbastanza basso: 0,1).

Altra conferma del fatto che l’espressione EGFRvIII ed una prematura risposta conducano ad una migliore prognosi viene dal gruppo 2. Tanto per rinfrescare nuovamente la memoria, è questo il gruppo che ha dato il via all’espansione dell’arruolamento, ossia alla nascita del gruppo 2C. Il motivo, nel caso non lo sappiate, è che i primi cenni di attività hanno suggerito l’ipotesi di estendere il numero di soggetti da trattare in modo da avere un campione più rappresentativo. In questo gruppo 2 si sono registrati, nei 25 pazienti valutabili, una PFS di 1,9 mesi ed una OS di 5,6. I pazienti sono pochi ed il controllo manca, ma fortunatamente abbiamo dei valori interessanti con i quali confrontare la sopravvivenza fatta registrare da Rindopepimut. In letteratura possiamo rinvenire dati relativi a popolazioni con prognosi migliore che hanno ottenuto valori legati alla OS in una forbice che va dai 2,6 ai 5,8 mesi. I 5,6 ottenuti da Rindopepimut vanno visti nell’ottica dell’espressione della variante EGFRvIII e del fatto che le prognosi per questi pazienti siano più infauste mentre i valori che si trovano in letteratura sono indipendenti da tale espressione.

Anche qui notiamo che la risposta veloce al trattamento comporta una maggiore OS ed in questo caso il dato è statisticamente significativo, peccato che non serva a nulla o, quantomeno, io non ne vedo l’utilità. Non potendo utilizzare questo criterio per selezionare i pazienti, sapere chi risponderà meglio al trattamento torna poco utile.

Detto tutto questo, veniamo a noi. Si può trovare giustificazione nel -10% di ieri in base a questi dati? Solo ammettendo che il mercato, in piena fase di assestamento della bolla biotech, abbia attribuito un valore maggiore di quello reale al programma Rindopepimut. I dati non sono maturi, quindi nessuna conclusione si può trarre in anticipo, anche se ipotizzare che questo studio ossa costituire la base per un’approvazione accelerata risulta arduo. Il trend è in favore di Rindopepimut e lo studio ha il compito di generare segnali, cosa che ha già fatto nel gruppo 2, con la conseguenza di aver dato il via (lo ripeto di nuovo, che sia chiaro) ad una espansione dello studio limitata ai pazienti refrattari ad Avastin. In questo specifico caso abbiamo i dati di un quarto dei pazienti totali e con un follow up limitato nel tempo mentre l’esperienza sembra insegnare che un controllo più prolungato produca dati più robusti. il motivo è semplice, più passa il tempo e più il paziente sviluppa anticorpi anti-EGFRvIII. Guardate quest’ultima immagine:

 

CLDX EGFRvIII nel tempo prima e dopo vaccino

 

Nel grafico in alto vedete la curva di titolazione degli anticorpi anti-EGFRvIII in funzione del tempo. La scala è logaritmica, guardate la differenza fra il periodo prima dei 6 mesi e quello dopo. Più sotto potete vedere l’espressione di EGFRvIII prima e dopo il vaccino. Uno dei tratti caratteristici dei vaccini antitumorali è che producono un miglioramento della sopravvivenza senza che ci siano segni manifesti della loro azione. Un caso emblematico è Provenge di Dendreon (DNDN). Rindopepimut non solo produce un aumento della sopravvivenza, ma lo fa causando restringimento della massa tumorale e agendo in modo del tutto coerente con il meccanismo d’azione. Trasformare pazienti EGFRvIII + in EGFRvIII – ne è un esempio. E non avere traccia di quella mutazione significa vivere più a lungo. Questo dovrebbe chiudere il cerchio.

Non fosse così, sarebbe anche il caso di ricordare che dopo i dati di CDX 011 (ai quali credo di aver dato fiducia solo io, quando stavamo a 6$ e tutti gli analisti gridavano al fallimento) e quelli di CDX 1127, Rindopepimut ha smesso di essere il fattore trainante della compagnia…