E’ notizia ormai nota il fatto che Novartis (NVS) si sia aggiudicata un posto nella soria della medicina moderna grazie all’approvazione della prima terapia basata su linfociti T modificati grazie all’aggiunta di un CAR, un ricettore chimerico per l’antigene CD19, nello specifico. Fa notizia anche l’insensatezza del nome scelto per tale terapia, ossia Kymriah ed il suo costo: 475 mila dollari. Sebbene non ci fossero molti dubbi circa l’esito della decisione di FDA e sul fatto che il nome sarebbe stato orripilante e cacofonico, molte sono state le ipotesi e le discussioni circa il possibile costo del trattamento. Posto che alcuni analisti si erano spinti fino ad immaginare scenari da 700- 750 mila dollari e che la stessa Novartis ha affermato che avrebbe anche potuto optare per una scelta più costosa, la soglia fissata da Novartis avrà un primo effetto su Kite, poi a cascata su chiunque arriverà a commercializzare una terapia CAR-T.

Nel caso di Kite è questione di poco ormai, ma sarà Gilead (GILD) che ora dovrà gestire la situazione, dopo aver acquistato la compagnia per la stroboscopica cifra di 12 miliardi di dollari. Mossa che fa felice gli investitori di Kite e che fa sperare gli emuli, a partire da JUNO, Cellectis (ALCLS e CLLS) e Celyad (CYAD), giusto per citarne qualcuno.

Qualche dubbio circa la mossa di Gilead però aleggia, vista la sfortuna  avuta dal colosso nelle acquisizioni precedenti, se si esclude quella di Pharmasset. Per dirla tutta, se ci limitiamo all’onco-ematologia, tra insuccessi clinici e finanziari, sembrerebbe che il fiuto di Gilead non sia di prim’ordine. Ora la scommessa ha senso, però già nel breve periodo la compagnia dovrà prendere una decisione complicata: adeguarsi al costo di Kymriah o alzare il tiro? Dovessero optare per la prima ipotesi, rientrare della cifra spesa per acquistare KITE non sarà così immediato.

Non sono tutte rose e fiori nello sgargiante mondo CAR-T.

Cellectis ha ricevuto un hold da parte di FDA dopo la morte di un paziente arruolato in fase 1 nello studio che vede somministrato UCART123 che, come si intuisce dal nome, è un linfocita T ingegnerizzato in modo che riconosca CD123. Lo studio arruolava pazienti con AML e  BPCDN (rispetivamente leucemia mielide acuta e neoplasia blastica delle cellule plasmacitoidi). Dopo 9 giorni dall’infusione il paziente in questione è morto, ma non prima di aver avuto una sindrome da rilascio di citochine (CRS) ed un’infezione polmonare il quinto giorno, oltre che una sindrome da permeabilità capillare (CLS) ed una CRS di grado 4 l’ottavo giorno. Ora, il soggetto settantottenne aveva inizialmente risposto al trattamento ma a seguito degli eventi avversi i medici dell’MD Anderson hanno ritenuto di dover intervenire con corticosteoidi e tocilizumab, intervento che però non ha salvato la vita del paziente.

Decorso simile  per l’altra paziente trattata con UCART123, anche se nel suo caso l’intensità degli eventi avversi è stat minore. La cinquantottenne ha dovuto comunque essere spostata nel reparto di terapia intensiva della struttura.

Cellectis sta fronteggiando due dipi di problematiche, una tipicamente manifesta in diversi costrutti CAR-T e legata principalmente all’insorgere di CRS, ed una più inerente alla scelta del target: CD123. Se la CRS ha affossato le belle speraze di compagnie quali JUNO, ed in questo caso l’esperienza dei fallimenti altrui può essere  di notevole importanza, come comportarsi riguardo alle problematiche insite nel bersagliare CD123 è questione di ben altra natura.

Non molto tempo fa la questione toccò Stemline Therapeutics ed il suo SL-401. In questo caso le analogie riguardano il target, CD123, e l’indicazione BPCDN, ma non si parla di terapia CAR-T, bensì di una proteina ricombinante. Tre pazienti arruolati da Stemline morirono a causa dell’insorgenza di CLS e, nonostante gli sforzi fatti dalla compagnia, sono ancora lontani dall’aver messo in campo un sistema efficace per evitare altre morti.

Non ripongo molte speranze in questo assetto di Cellectis, tuttavia il crollo della quotazione la rende appetibile in ottica ASH17.

Roche ci mette il suo.

Come dicevo, tocilizumab è stato impiegato da Cellectis come estremo tentativo di salvare un paziente ed in questa veste FDA ha approvato l’anticorpo conosciuto con il nome commerciale di Actemra. Bene per Roche (RHHBY) che con questa estensione può incrementare le vendite in modo significativo, perlomeno fintanto che la sindrome da rilascio di citochine sarà controparte delle terapie CAR-T. L’approvazione di Kymriah ora e quella a breve della terapia di Kite sono di certo notizie liete per Roche.

Merck and company…

Veniamo a sapere che FDA ha messo il fermo anche a due trial di Merck & Co, KEYNOTE-183 e KEYNOTE-185, a causa un numero sproporzionato di morti avvenuti a seguito della somministrazione dell’anti-PD1 in combinazione con altri farmaci nel trattamento del mieloma multiplo. Per dirla tutta, la notizia in se non è nuova, ma quello rivelato è che l’ente americano, e cito testualmente, “will be working directly with sponsors of KEYTRUDA® and other PD-1/PD-L1 cancer drugs, as well as clinical investigators conducting clinical trials in patients with multiple myeloma, to determine the extent of the safety issue.” La quesione quindi si allarga a tutti coloro che stanno sviluppando anti-PD1 e che stanno perseguendo il mieloma multiplo come indicazione.

“will be working directly with sponsors of KEYTRUDA® and other PD-1/PD-L1 cancer drugs, as well as clinical investigators conducting clinical trials in patients with multiple myeloma, to determine the extent of the safety issue.”

La quesione quindi si allarga a tutti coloro che stanno sviluppando anti-PD1 e che stanno perseguendo il mieloma multiplo come indicazione.

Da un certo punto di vista la notizia è positiva per Karyopharm e per selinexor, anche se chiaramente lo è in modo indiretto.

Notizia di tenore opposto l’acquisizione della tutonica Ringontec. RGT100, l’assetto principale, è entrato in clinica lo scorso marzo ed è un RIG-I agonista testato su diverse forme tumorali. Costo dell’operazione: 115 milioni di euro in upfront e 349 in milestones. L’interesse generato dalla mossa potrebbe estendersi a compagnie dalle pipelines più o meno simili, a cominciare da Spring Bank Pharmaceuticals (SBPH e,si, lo so, anche qui il nome è assurdo).

Driving in my CAR-T…

Per quanto riguarda le compagnie inserite nel portafoglio biotech, buone notizie per Celyad che all’ultimo controllo rende un +163% e per Novartis (+6.5%).

Da valutare sia Cellectis in ottica ASH17 che Spring Bank Pharmaceuticals, per i motivi riportati precedentemente.

Aspettatevi qualche novità ai due portafogli nel breve periodo…