Sono un blogger da anni ormai e, nella maggior parte dei casi, è un’occupazione che mi piace, mi soddisfa. Ci sono poi occasioni nelle quali essere un blogger equivale alla versione tecnologica dell’anziano che osserva i cantieri stradali. Non che ci sia niente di male nel farlo, ma non credo esista una spiegazione logica al fenomeno, quantomeno, ci sono parecchie zone d’ombra. Persone che magari fino a qualche anno prima hanno svolto mansioni d’ufficio danno consigli su come piazzare tubature ad uomini in tuta arancione che probabilmente preferirebbero amputarsi un arto piuttosto che lavorare davanti un pubblico tanto esigente. Ecco, io oggi mi sento come se avessi trent’anni di più e mi strovassi di fronte ad un cantiere chiamato Idera: non so bene di cosa si tratti ma nonostante questo sento il bisogno di dire la mia. Prima però, per bilanciare il karma dell’articolo, qualcosa di sensato su altre compagnie, poi scivoleremo insieme nella follia occupandoci della fusione fra Idera e BioCryst.

M&A frenzy.

Negli utlimi articoli abbiamo discusso di come Celgene si stesse per accaparrare JUNO, cosa che in effetti è accaduta, e dell’opportunità che era sfuggita a Novo Nordisk di mettere le mani sulla belga Ablynx.

Celgene ha chiuso la trattativa a $86 dollari, cifra che va a posizionarsi nel mezzo della forbice di valori che avevo individuato facendo riferimento al primo ingresso della Big in JUNO. Non si tratta di un premio enorme rispetto ai corca $70 raggiunti dopo la diffusione dei primi rumors, ma un guadagno molto significativo per chi possedeva azioni della compagnia da più tempo.

Viene acquisita anche Ablynx, ma in questo caso la destinazione finale della pipeline e della tecnologia legata ai nanocorpi è Sanofi che, come Celgene, da quando ha stracciato il vecchio calendario ha messo a segno due colpi: Ablynx per 3,9 miliardi di euro e prima Bioverativ, specializzata in trattamenti contro l’emofilia, per circa 11,6 miliardi di dollari.

Se a queste aggiungiamo la precedente acquisizione da parte di Celgene della biotech americana Impact Biomedicines e del suo fedratinib, il quadro che si ricava è di una vera e propria blood frenzy, dato che il comune denominatore di queste compagnie acquistate risiede nel fatto che tutte si occupano di malattie del sangue di vario genere. Se da un lato Ablynx ha una pipeline sterminata, i primi commenti fanno supporre che uno dei motivi di interesse verso la belga sia caplacizumab (convinzione rafforzata dal precedente interesse di Novo, che nell’ambito delle malattie del sangue sta cercando di rafforzarsi con tutti i mezzi disponibili). Non ci sono dubbi poi riguardo le altre tre compagnie rilevate.

Bellicum, interruttore abbassato, luci spente…

Lo scorso martedì, a contrattazione conclusa, viene comunicato che FDA ha piazzato in hold BPX-501, assetto in fase più avanzata di Bellicum. Il risultato finale è stato un -25% fatto registrare ieri e un volume enorme di discussioni circa l’entità del danno per quanto riguarda la compagnia. Bocciatura definitiva oppure occasione per un ingresso?

La questione è la seguente: BPX-501 è una terapia genica simile a Zalmoxis di Molmed, ossia viene impiegata per assistere i trapianti allogenici ed è corredata da un sistema di switch, di un interruttore se preferite, che rende possibile disattivare la terapia in caso di effetti collaterali pericolosi per la salue del paziente. Il sistema in questione si chiama CaspaCIDe. In termini semplici, quello che accade è questo: un trapianto (come ad esempio quello di midollo osseo) è trattamento molto efficace in una svariata serie di malattie del sangue, sfortunatamente esistono complicazioni che possono sfociare in conseguenze gravi per il ricevente.  Al fine di evitarle, o di mitigarne gli effetti nocivi, sono stati sviluppati alcuni protocolli che si sono rivelati piuttosto efficaci, tuttavia la necessità di migliorare questo aspetto rimane. BPX-501 rientra in questo tipo di sforzi e funziona grazie allo switch CaspaCIDe che consiste nell’accoppiamento del gene Cas9 con un dominio in grado di legarsi ad una small molecule chiamata rimiducid o AP1903. Quando le cosa si mettono male si somministra rimiducid e la terapia si disattiva. Se siete nuovi di Bellicum segnatevi bene questo passaggio, ci tornerà utile dopo.

FDA ha bloccao BPX-501 dopo che si sono registrati 3 casi di encefalopatia che potrebbero essere legati al trattamento di Bellicum. Ora, il termine encefalopatia fa riferimento ad una vasta gamma di possibili patologie, indicando solamente che si tratta di qualcosa che ha a che fare con l’encefalo. La complicazione, in forma diversa, è sfortunatamente piuttosto comune oggigiorno, dato il proliferare di terapie geniche e cellulari.

Nel caso di Bellicum la prima conseguenza dell’hold ha un effetto pratico, ossia qualche mese di ritardo nello sviluppo della terapia, ed uno più teorico, ma non meno importante: l’interruttore di sicurezza funziona? Perché Bellicum senza interruttore perde gran parte del suo fascino.

Partiamo da ciò che è assodato. In primo luogo, al momento EMA non ha bloccato nulla, quindi il trial registrativo che potrebbe sfociare in una approvazione in Europa prosegue, a meno che l’ente governativo sospeso fra Londra, Amsterdam e Milano non si pronunci diversamente.

Dei tre casi contestati in quanto potrebbero essere legati al trattamento, uno si è verificato in USA e 2 in UK, in tutti gli episodi si parla di ragazzini dai 4 ai 13 anni. Quello che mi pare emerga con chiarezza è che in totale si sono verificati 7 episodi di encefalopatia su oltre 240 pazienti trattati e che l’unico caso nel quale purtroppo è morto il paziente non abbia vista la somministrazione di rimiducid. L’incidenza di encefalopatia risulterebbe quindi del 3% scarso, cifra non lontana da quanto ci si potrebbe attendere in qualsiasi altro studio o nella pratica comune e va anche sottolineato che, prima della morte di uno dei ragazzini, tutte e 6 le encefalopatie erano state considerate slegate dal trattamento e solo dopo l’infausto evento due di queste sono state riclassificate.

Bellicum ora si troverà a dover collaborare con FDA per rimuovere l’hold, mentre in Europa, a meno di comunicazioni diverse, lo studio registrativo va avanti con dati attesi per la seconda metà del 2018.

La prima considerazione che mi viene da fare è che la reazione del mercato sia stata esagerata. In primo luogo, BPX-501 è il programma più avanzato di Bellicum, ma non è di certo il più importante. Non mi pare siano emerse prove che CaspaCIDe non possa essere utile, laddove 2 dei pazienti che hanno ricevuto rimiducid hanno visto la loro situazione migliorare con il tempo.

Non solo, ma la notizia diffusa oggi (e ringrazio l’amico LG e l’uomo dall’Avana per avermela anticipata prima che fosse di dominio pubblico) dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù riguardo un bimbo di 4 anni affetto da leucemia linfoblastica acuta curato usando cellule CAR-T che impiegano il sistema di switch CaspaCIDe potrebbe dare ulteriore impulso alla ripresa della quotazione, anche se ovviamente stiamo parlando di un costrutto diverso da quelli che sta sviluppando Bellicum.

bellicum pipeline

In buona sostanza, credo che una posizione a questo punto ci possa stare, partendo dalla premessa che i rischi rimangono, ma i programmi interessanti sono altri. Fa specie solo osservare che i baker Bros abbiano fatto in tempo a cavarsi fuori dagli impicci prima che il titolo collassasse. Coincidenza? Forse erano troppo occupati a fondere compagnie…

Il cantiere Idera

Ok, la fusione fra Idera e Biocryst. La notizia è riassumibile nel seguente modo: le due compagnie si fondono e la nuova entità sarà guidata da Vincent Milano, CEO di Idera (mentre quello di BioCryst finisce comunque nel board ma facendo un passo indietro, e questo probabilmente è un aspetto positivo). BioCryst avrà il 51% della nuova compagnia mentre il quartier generale sarà quello attualmente occupato da Idera. Di fatto, in parole povere, la nuova entità sarà una Idera più grande. Oh, tutto questo previo assenso dell’azionariato, che nel frattempo ha visto scendere le quotazioni di tutte e due le compagnie, segno evidente che la mossa è piaciuta…

Idera sembra prendere le distanze dal settore immuno/oncologia, tattica salmonesca che può voler indicare la necessità di trovare uno spazio in un ambito meno affollato, e fin qui tutto bene, da qui poi a capire quale impellente bisogno abbia spinto le due compagnie fino a giungere alla fusione ce ne corre.

Di certo si può dire che la New Co avrà circa $240M in tasca e questo potrebbe far comodo per sviluppare i nuovi candidati di Idera, frutto della loro piattaforma antisenso di ultima generazione, per far proseguire IMO-8400 nel cammino verso una possibile approvazione, se avrà gambe per camminare. Lo stesso potrebbe valere per BCX7353, inibitore di KLKB1 per la prevenzione dell’angioedema ereditario (HAE). BCX7353 non è l’unico inibitore di KLKB1 in circolazione, basta notare che la stessa BioCryst non è nuova nell’esperienza, con il fallimento in fase 3 di avoralstat, farmaco con simile meccanismo d’azione che, a detta della compagnia, non ha centrato l’obiettivo per problemi di biodisponibilità e non per altro. Possibile, ma improbabile, se volete sapere la mia, ma su questo potremo tornare in un altro articolo.

Non voglio farla lunga: tenere Idera o guardare altrove, quindi? Se il futuro prossimo dovesse passare per IMO-8400 e la dermatomiosite, allora la mossa avrebbe abbastanza senso, altrimenti meglio scegliere altri lidi. Al momento credo che la scommessa sia rischiosa, ma abbia ancora senso, in attesa dei primi dati clinici attesi per metà 2018. Immagino che dichiararsi una compagnia con focus su malattie rare, avendo un assetto pronto per una fase 3 (IMO-2125) in una indicazione chiaramente oncologica (melanoma) faccia supporre che credano veramente tanto negli altri assetti, o no?