Affimed NV è una IPO piuttosto recente e, visto come si è presentata al Nasdaq, alquanto sfortunata. Particolare che la rende unica è il fatto di essere una compagnia totalmente dedita allo sviluppo di anticorpi bispecifici, classe di farmaci con un potenziale elevatissimo, finora quasi del tutto inespresso. Chi segue questo blog dagli albori ricorderà i tempi nei quali mi occupavo di Micromet (MITI) e del suo anti-CD3/CD19 blinatumomab , esempio perfetto di quello che un anticorpo bi-specifico è in grado di fare. Micromet fu acquisita tempo fa da Amgen proprio grazie a Blinatumomab e, per estensione, per la tecnologia BiTE grazie alla quale potrà sfornare composti simili. Ogni compagnia che si occupa di tali anticorpi ha una propria metodologia, fatto che rende anticorpi con target simili comunque differenti gli uni dagli altri. Qualche nome sparso di compagnie dedite al bi-specifico: Xencor (XNCR), Macrogenics (MGNX), Trion, MedImmune, Roche, Ablynx (ABLX) e Merrimack (MACK). Giusto per citarne qualcuna.

Mentre tutte le compagnie che ho menzionato hanno solo una porzione dedicata ai bi-specifici, con relativa tecnologia di produzione, Affimed è interamente dedita alla causa con 3 progetti principali:

AFFIMED AFMD PIPELINE

Come potete vedere dall’immagine qui sopra, uno dei candidati, segnatamente AFM11, è puntato verso gli stessi antigeni a cui fa riferimento blinatumomab. AFM13 è invece il farmaco in fase più avanzata, avendo già riportato dati sui quali si baserà la fase 2 e che verranno illustrati con dovizia di particolari ad ASH fra due settimane.

AFM13 è un anticorpo anti-CD16A/CD30 testato su pazienti affetti da linfoma di Hodgkin (HL) recidivo e refrattario, malattia caratterizzata dalla rilevante presenza di cellule di Reed-Sternberg, negative per CD20 (quindi insensibili a farmaci come rituxan) ma sempre CD30+. La presentazione che avverrà al prossimo ASH verte sui dati finali della fase 1 con prticolare rilevanza nei confronti di soggetti precedentemente trattati con brentuximab vedotin, al secolo Adcetris di Seattle Genetics (SGEN). Adcetris è un ADC formato da un anticorpo anti-CD30 unito ad un agente citotossico estremamente efficace nel trattamento dell’HL, da qui l’importanza di mostrare cenni di efficacia anche in pazienti sottoposti al trattamento con il farmaco di Seattle Genetics. Altro aspetto da considerare è che parte dello standard of care nel trattamento dell’HL potrebbe in futuro spostarsi verso trattamenti di combinazione con agenti immunoterapici, quali ad esempio Nivolumab, checkpoint inibitore che ha ottenuto la BTD proprio per il trattamento dell’HL dopo il fallimento del trapianto di cellule staminali e terapia con brentuximab.

Ad ASH Affimed porta i dati di 28 pazienti pesantemente pretrattati affetti da rrHL , 24 dei quali sono stati trattati con dosaggi scalari di AFM13 (da 0,01 a 7 mg/kg) settimanalmente mentre 4 sono stati trattati con  4,5 mg/kg due volte a settimana per 4 settimane. Affimed sostiene che il farmaco sia ben sopportato e che il dosaggio massimo tollerato non sia stato ancora raggiunto. Dal punto di vista dell’efficacia sopra il dosaggio di 1,5 mg/kg (13 pazienti) il farmaco si dimostra attivo, con 3 risposte parziali (23%) ed un tasso di controllo della malattia del 77%. Come detto, l’aspetto più interessante è che l’anticorpo è attivo anche in soggetti trattati con Adcetris in precedenza.

Anche Nivolumab e la sua BTD saranno presenti ad ASH. 23 pazienti affetti da rrHL classico (la forma più comune della neoplasia) e pesantemente pretrattati (20 di questi hanno ricevuto più di 3 linee di trattamento, 18 il trapianto di cellule staminali) sono stati trattati con l’anti-PD1 di BMS. Il risultato è stato un tasso di risposta dell’87% con 4 risposte complete e 16 parziali. Dei 18 pazienti che hanno sperimentato una recidiva dopo aver assunto Adcetris, uno ha ottenuto una risposta completa e 16 una risposta parziale.

Sono numeri impressionanti. Non è ancora possibile fare una comparazione diretta, ma sembra che l’anticorpo di Affimed come agente singolo non abbia minimamente l’efficacia della concorrenza, tuttavia l’ipotesi della combinazione rimane possibile. Altra strada, che sembra essere quella che Affimed vuole battere fin da subito, è quella di una fase 2 incentrata proprio su pazienti con recidiva dopo brentuximab vedotin. Non sono certo del fatto che un simile disegno possa portare ad una approvazione accelerata, quindi tendo a non attribuire grande valore al programma al momento, in mancanza di ulteriori numeri.

Diverso il discorso di AFM11, l’anti Blinatumomab che lo scorso aprile è entrato in fase clinica con uno studio che recluta pazienti affetti da linfoma non Hodgkin e leucemia linfoblastica acuta. Lo studio è in aperto e prevede un dosaggio scalare, i dati finali sono attesi per il 2016 ma data la natura del trial immagino che già al prossimo ASCO o, più probabilmente, ad ASH15 ci saranno interessanti aggiornamenti. Particolare interessante, lo studio si rivolge a pazienti CD19+ ed inizialmente il focus del farmaco sarà in pazienti con rrNHL. Ancora non si può chiaramente pensare a comparare AFM11 a Blinatumomab, sebbene da quanto sembra emergere il farmaco di Affimed avrebbe interessanti vantaggi rispetto al più blasonato concorrente targato Amgen. Uno degli aspetti che più mi intrigano è il fatto che sebbene in termini di affinità verso CD19 i due anticorpi siano simili, AFM11 è 100 volte più affine alle cellule CD3+ rispetto a Blinatumomab (110 nM vs 1nM). Il rovescio della medaglia? Non è ancora chiaro quanto AFM11 si porti dietro dei problemi che hanno caratterizzato Blinatumomab relativamente al sistema nervoso centrale (CNS), ne in generale quale sia il profilo di tollerabilità complessivo.

Ultimo programma (tralascio volutamente l’anti-CD3/EGFRvIII solo perché troppo immaturo) è quello sviluppato dalla sussidiaria Amphivena che, non molto tempo fa, ha stretto un accordo con Jannsen per sviluppare un bi-specifico rivolto a due target individuati dalla stessa Janssen, fatto che testimonia come possa esserci un notevole potenziale nell’approccio di Affimed. Janssen è a sua volta sussidiaria di Johnson & Johnson, azienda che in ambito ematologico ha sbagliato poco relativamente alle ultime partnership che ha creato. Fra i più recenti successi ci sono Daratumumab e Ibrutinib, ma la Big Pharma ha anche acquistato pochi mesi fa Covagen, azienda privata che sta sviluppando un anticorpo  anti-TNF/IL-17A per l’impiego in patologie infiammatorie, grazie alla piattaforma FynomAb. L’accordo con Amphivena  prevede la possibilità che Janssen acquisisca la compagnia a fronte di un pagamento iniziale e di milestones da erogare in funzione di determinati obiettivi.

Chiudo con la questione cassa. Al controllo dello scorso settembre Affimed  aveva in cassa ed equivalenti la ragguardevole somma di 45 milioni di dollari. Considerando che AFM13 in questa fase è in parte finanziato dalla Leukemia & Lymphoma Society, non si avvertirebbe la necessità di una emissione nel breve periodo, sebbene il rischio sia sempre dietro l’angolo. Affimed capitalizza relativamente poco, ossia circa 150 milioni.

Un pensierino credo lo meriti, in fondo, stiamo parlando sempre di immunoterapia…